Luigi Alamanni
Luigi Alamanni nacque il 6 marzo 1495 da Piero di Francesco, di famiglia nobiliare, e dalla quarta moglie di quest’ultimo, Ginevra di Iacopo di Bernardo Paganelli. Cominciò sin da giovane a mostrare predilezione per gli studi grammaticali e letterari, che poté compiere presso lo Studio di Firenze sotto la guida di Francesco Cattani da Diacceto, allievo e successore di Marsilio Ficino, che teneva lezione presso gli Orti Oricellari. Nel 1522 fu tra i protagonisti di una congiura che mirava a spodestare il potere mediceo, un’avversione verso il potere dispotico nata probabilmente dalla lettura degli storici antichi (Tacito). La congiura venne scoperta e fallì miseramente, tanto che Alamanni fu costretto all’esilio assieme all’amico Zanobi Buondelmonti.
Fu costretto a riparare in Francia, dove stazionò presso l’amico e compatriota Giuliano Bonaccorsi. Il periodo, nonostante le traversie personali, si rivelò tra i più letterariamente intensi. In terra francese conobbe Batina Larcara Spinola, celebrata nelle sue poesie amorose con il senhal di ‘Ligura Pianta’. Tuttavia, in questo lasso di tempo non conosciamo praticamente nulla della vita del poeta, se non quello che ce ne dice egli stesso: le sue satire lo mostrano amareggiato per il lutto, afflitto dalla povertà, dalla morte di un fratello, dalla sua solitudine in terra straniera, scoprendo anche che la supposta benevolenza e protezione del re francese nei confronti di Firenze non era se non poco più che un’illusione.
Con l’amnistia seguita alla cacciata dei Medici del 1527 Alamanni poté tornare nel capoluogo toscano, ed entrò a far parte dei consigli del nuovo governo, presieduto da Niccolò Capponi. I suoi orientamenti filo-imperiali in seno al dibattito sulla posizione di Firenze nello scacchiere internazionale gli attirarono l’accusa di cospirare per il ritorno dei Medici, e la situazione si fece particolarmente grave quando le stesse truppe imperiali assediarono Firenze. Il 12 agosto 1530 la città capitolò mentre il poeta era ancora in Francia, dove si era recato per cercare aiuto: con il ritorno dei Medici aveva inizio il secondo esilio, stavolta definito.
Questa volta il re si dimostrò più accogliente nei confronti del poeta, il quale d’altra parte gli dedicò la stampa, nel 1532, delle sue Opere toscane, in cui raccoglieva tutta la sua opera poetica fino ad allora prodotta, mentre soggiornava presso Batina Larcara Spinola ad Aix. Continuò a svolgere numerosi incarichi diplomatici di altro genere per Francesco I e poi anche per il successore Enrico II. Con l’ ascesa di Caterina al trono francese poi, in attesa della matura età di quest’ultimo, l’ascendenza del poeta fu ancora maggiore sulle questioni di stato, dato che la regina considerava Alamanni uno tra i più fidati consiglieri. Pubblicò tra il 1546 e il 1548 la Coltivazione, poema didascalico, il Girone il cortese, la commedia Flora, gli Epigrammi, e nello stesso lasso di tempo lavorava ad un nuovo poema, il quale non vide la luce durante la vita del poeta: il 18 aprile 1556 si spense in seguito ad un attacco di dissenteria, e l’Avarchide sarebbe stata pubblicata postuma dal figlio Battista nel 1570.
Bibliografia
- H. Hauvette, Luigi Alamanni. Sa vie et son oeuvre, Librairie Hachette, Parigi, 1903.
- R. Weiss, Luigi Alamanni, in Dizionario biografico degli italiani, Treccani, vol. I, 1960.