Cinque Canti
di Camillo Camilli
Editi una prima volta nel 1583 (sia come appendice del poema tassiano, sia in maniera autonoma), i Cinque Canti di Camillo Camilli in quanto paratesto della Gerusalemme liberata ebbero una diffusione straordinaria lungo l’ultimo ventennio del Cinquecento, tanto che se ne contano ben dieci ristampe, oltre la princeps, e tre nei tre secoli successivi.
In una struttura narrativa di tipo romanzesco, si raccontano le storie incrociate di Boemondo, che sopraggiungere a sciogliere il proprio voto al Santo Sepolcro, di Raimondo, che rassegna a malincuore la torre di David nelle mani del Buglione ma parte, sdegnato, dal campo per poi farvi ritorno, di Erminia e Armida, che invano tentano di adescare Tancredi e Rinaldo, e di Idetta, la giovane sorella di Goffredo, spintasi sullo scenario di guerra per amore del capostipite della casata d’Este.
Formalmente, si tratta di una “gionta” alla Gerusalemme liberata necessaria a completarne le fila lasciate interrotte, e come tale è stata letta finora dalla critica; nella realtà delle cose, la pretesa di chiudere le vicende del testo di partenza risulta fallace, dal momento che non solo le storie di Erminia e Idetta restano incomplete e potenzialmente foriere di sviluppi, ma anche, più volte, si accenna alla fondazione dei regni latini d’oriente come alla per una più grande missione egemonica. Complice anche un particolare riutilizzo degli schemi romanzeschi, i Cinque Canti sembrano insomma essere una struttura narrativa aperta, quasi un’opera autonoma che funziona tanto al traino del poema tassiano quanto di per sé.
Bibliografia
- A. Belloni, Gli epigoni della Gerusalemme liberata, Padova, Draghi, 1893, ad indicem.
- G. Baldassarri, Poema eroico o «romanzo»? Riscritture della «Liberata» dal Camilli al Gentili, in Scritture di scritture. Testi, generi, modelli nel Rinascimento, a cura di G. Mazzacurati e M. Plaisance, Roma, Bulzoni, 1987, pp.439-459.
- V. De Maldé, Fortuna elegiaca della Liberata, in Sul Tasso. Studi di Filologia e letteratura italiana offerti a Luigi Poma, a cura di F. Gavazzeni, Roma-Padova, Antenore, 2003, pp. 161-194 : 161-167.
- D. Foltran, Per un ciclo tassiano. Imitazione, invenzione e ‘correzione’ in quattro proposte epiche fra Cinque e Seicento, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2005, pp. 59-91.
Opera e sinossi
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- Goffredo fa curare i feriti e riposare l’esercito (1–4). Erminia cura Tancredi e tacitamente mostra di esserne innamorata, decide di affidare la propria ambasciata a Vafrino (5–22). Goffredo deve dirimiere una controversia tra due cristiani, Tazio e Ermanno, che durante il saccheggio della città sono venuti a duello (23–62). Altea, amata di Ermanno, lo scagiona dalle infondate accuse di Tazio (63–73). Al nono giorno Goffredo ringrazia il Signore (74–82). Convoca il consiglio e rassegna il titolo di comandante, e suggerisce la creazione di un governo per il nuovo regno (83–96). Il consiglio gli consegna lo scettro, Goffredo accetta i compiti di governo ma rifiuta il titolo regale (97–104).
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- Le preghiere dei cristiani giungono a Dio (1–5). Satana decide di turbare la pace dei cristiani, manda in terra l’Invidia (6–22). Goffredo chiede a Raimondo di consegnare la torre di David, il vecchio conte istigato dall’Invidia se ne risente (23–36). L’Invidia nottetempo aizza anche Camillo a ribellarsi alla tirannia di Goffredo (37–48). La Vergine scende in visione a Camillo e riporta sulla retta via (49–58). L’Invidia infetta altri eroi, solo Tancredi e Rinaldo ne sono immuni (59–61). Le ambasciate di Vafrino non vanno a buon fine, Erminia se ne lamenta con Armida (62–86). Di concerto con Armida, rapisce Tancredi e Rinaldo, che vengono costretti a vivere come amanti nel castello della maga (87–94). Idraote con i resti del suo esercito giunge al castello di Armida, si rallegra di trovarvi i due campioni ma teme che la nipote possa liberarli per amore (95–102).
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- Idraote prende in consegna i due campioni e si avvia a battaglia contro Boemondo, per la disperazione delle due donne (1–12). Idraote decide di venire a battaglia con Boemondo che marcia su Gerusalemme ma decide di mandare i prigionieri a Damasco, e di darne falsi avvisi ad Armida (13–32). Idetta, sorella di Goffredo, libera i due prigionieri facendo grande strage e si innamora di Rinaldo (33–57). Idraote all’alba viene a giornata con Boemondo, la battaglia è incerta e sanguinosa (58–77). Giungono Tancredi e Rinaldo, che indirizzano le sorti dello scontro: Idraote è ucciso da Tancredi e i pagani fuggono (78–94). Giunge ad Armida il messo di Idraote, le dà notizia della morte di Rinaldo e Tancredi: nottetempo lei si suicida (95–113).
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- Alcastro sobilla Raimondo a rivendicare i propri diritti su Goffredo (1–11). Camillo si offre di mediare con Raimondo dalla parte di Goffredo (12–25). Camillo convince Raimondo a portare la questione davanti a un giudice, visto che il tolosano rifiuta ogni mediazione (26–43). La torre viene data in custodia a Goffredo in attesa del giudizio, Raimondo se ne sdegna e parte dal campo dopo aver cambiato armatura (44–50). Lungo la via incontra Idetta, vengono a duello ma poi si riconoscono (51–68). Si avviano insieme verso Gerusalemme, per volere di Idetta (69–78). Lungo la strada incontrano un palazzo, vengono accolti da un cristiano che racconta loro la propria storia di redenzione dal peccato e indica loro una fontana incantata che purga l’anima (79–112). Raimondo e Idetta prendono la via della fontana (113–114).
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- Erminia piange Tancredi credendolo morto (1–10). Decide di vedere il corpo dell’amato prima di togliersi la vita, parte ma sbaglia strada (11–15). Tancredi e Rinaldo tornano al castello e Rinaldo commemora Armida; quindi ripartono per cercare Erminia (16–26). Boemondo giunge a Gerusalemme, è ricevuto festosamente da Goffredo e racconta di come Tancredi e Rinaldo non siano morti (27–46). Tancredi e Rinaldo giungono al campo, chiedono venia a Goffredo per la loro assenza (47–53). Raimondo purifica il proprio animo alla fontana, Idetta no (54–64). Lungo la strada per Gerusalemme incontrano Erminia, la rassicurano sul fatto che Tancredi è vivo e prendono la via per Gerusalemme (65–87). Giungono in città, Raimondo fa ammenda di fronte a Goffredo (88–97). Tancredi si pacifica con Erminia, poi si dirige al Sepolcro, dove Boemondo sta per sciogliere il proprio voto (98–110).