L’amor di Marfisa
di Danese Cataneo
Edito incompleto, in tredici canti, nel 1562, il testo di Cataneo presenta una storia redazionale complessa: concepito e parzialmente scritto in quarta rima, un metro d’invenzione d’autore di cui non si hanno praticamente altre attestazioni nella storia della metrica, venne poi rifuso in ottave a partire probabilmente dal 1555, abbandonato nuovamente alla morte di Carlo V e ripreso dal 1559/1560. Infine, dopo la stampa, venne continuato manoscritto – non si sa se da Cataneo stesso o dal nipote Niccolò – fino al ventiquattresimo canto (nel progetto originale, di cui sopravvive un canovaccio in prosa, ne erano previsti quasi il doppio).
Dei quaranta canti progettati ne uscirono alle stampe solo tredici: in questi si racconta della fase finale dell’assedio di Pavia, con cui si concluse la campagna italiana di Carlo Magno contro i Longobardi (773/774). Il tema ossidionale, impostato sui modelli di Omero e Virgilio e sul nuovo canone della Poetica di Aristotele, sfrutta e riprende le fila ariostesche, facendo dell’Amor di Marfisa un tentativo spregiudicato di fusione dei classici antichi e moderni. Pur senza sopravvivere a lungo (viene citato in causa solo una volta nei due Discorsi tassiani, mentre già nelle poetiche del Seicento la sua scomparsa è definitiva), il poema di Cataneo dovette avere un certo impatto sulla scena di metà Cinquecento, come attestano le molteplici relazioni con la Gerusalemme liberata.
Bibliografia
- E. Raimondi, Un episodio del “Gierusalemme”, in «Lettere italiane», XIV (1962), pp. 59-70.
- R. Agnes, La «Gerusalemme liberata» e il poema del secondo Cinquecento, in «Lettere italiane», XVI (1964), pp. 117-143.
- C. Gigante, Tasso, Roma, Salerno, 2007, pp. 52-56.
- T. Artico, Appunti sul «Gierusalemme»: Tasso e «L’amor di Marfisa» di Danese Cataneo, in «Critica del testo», i.c.s.
Opera e sinossi
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- Proemio (1–5). Giunge notizia al campo francese attendato fuori Pavia che Guidone Selvaggio è stato fatto prigioniero in Guascogna: Marfisa si dispera (6–23,4). Amore decide di punire Marfisa per la sua ritrosia facendola innamorare (23,5–35,6). Sfrutta il Sonno per inviarle una visione notturna, per mezzo della quale la fa innamorare di Guidone Selvaggio (35,7–47). Amore torna dalla madre e viene festeggiato per il suo successo (48–60).
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- Marfisa all’alba ha un’altra visione, stavolta premonitrice, che la getta nella disperazione mostrandole Guidone quasi morto (1–27). Giunge al campo notizia che Guidone è salvo: Carlo indice dei giochi (28–31). Arriva al campo Ullania in compagnia dei due re boreali per recare a Marfisa un’ambasciata di Artemidora: costei le dà procura dei suoi affari e annuncia un suo imminente arrivo alla corte di Carlo (32–54). Ullania chiede a Marfisa di dirimere la controversia dei re boreali circa il possesso di Artemidora e questa accetta di portare la loro causa davanti a Carlo (55–68).
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- Ambasciata di Ullania al re: Carlo, su suggerimento di Marfisa, impone che i due re boreali concorrano per aggiudicarsi Artemidora e bandisce la giostra (1–12,2). La giostra viene preparata con sfarzo; seguono i primi scontri: restano in gioco solo i re boreali, la cui battaglia è rimandata da Carlo al giorno seguente (12,3–46). Preparazione del duello privato tra Argante e Germando (47–63).
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- Il duello tra Argante e Germando è interrotto da Carlo nel suo momento più crudo (1–17,4). Desiderio chiede e ottiene un mese di tregua dalla guerra da Carlo (17,5–41,6). Carlo dirime la controversia dei re: ad Argante va lo scudo, a Germando la regina d’Islanda (42,7–53,2). I paladini guardano le figure scolpite sullo scudo, Carlo con una profezia annuncia la vittoria di Carlo V sull’eresia tedesca (53,3–80).
- Canto V per vedere le sinossi clicca su Opera e sinossi
- Carlo congeda con ricchi doni i due re boreali e Ullania, che partono dalla corte (1–5). Marfisa sfoga la propria infelicità con un lamento lirico (6–22). Giungono a corte dieci dame armate in cerca di Marfisa (23–38). Una delle dieci donzelle racconta la vicenda di conversione al cristianesimo del paese delle «femine omicide» e offre a Marfisa lo scettro del regno (39–74).
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- Ecfrasi del padiglione donato a Marfisa (1–27). Marfisa rifiuta lo scettro e rimette a Carlo la questione matrimoniale delle due mogli di Guidone Selvaggio (28–38,4). Le donzelle vengono ricevute dalla corte; storia dell’amore di Gisuarte per una di loro (38,5–47). Satana invia Megera a Gano per spronarlo a tradire Carlo Magno (48–62).
- Canto VII per vedere le sinossi clicca su Opera e sinossi
- Gano propone a Desiderio un piano fraudolento per sconfiggere i Franchi, approfittando dell’assenza di molte squadre dal campo (1–32). Desiderio e Gano coinvolgono nella congiura due duchi longobardi, Eudone e Albino: si preparano segretamente eserciti su tre differenti fronti (33–48,4). Marfisa riceve da Carlo l’incarico di recarsi con uno stuolo a Genova, dove i congiurati hanno apparecchiato una finta sommossa (48,5–68).
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- Marfisa parte verso Genova assieme al proprio contingente, a cui si aggiungono le dieci donzelle armate (1–8,4). Carlo Magno, prevedendo l’imminente battaglia, rassicura i suoi soldati e rivede le difese dell’accampamento (8,5–44,4). Dio manda l’angelo Samael in aiuto ai Franchi, con il compito di scorrere tutti e tre i fronti e favorire i cristiani: dapprima fa animo ai guerrieri di Orlando in vista della battaglia (44,5–53,6). Albino arringa i suoi e li dispone per attaccare Orlando (53,7–75).
- Canto IX per vedere le sinossi clicca su Opera e sinossi
- Battaglia notturna tra le schiere di Albino e Orlando: Orlando resiste al primo squadrone longobardo (1–28,4). Albino uccide il giovane Lelio, quindi è stordito da Orlando (28,5–58,2). Rosmonte incendia le navi franche, ma con una preghiera Orlando ottiene da Dio una provvidenziale pioggia (58,3–73). All’alba cessa la battaglia, Orlando constata che le navi con le vettovaglie non sono state bruciate (74–80).
- Canto X per vedere le sinossi clicca su Opera e sinossi
- Compianto di Orlando per Lelio, cerimonia funebre e discorso commemorativo (1–19,4). Orlando prepara la partenza e vede passare in cielo un Angelo (19,5–36,4). Rassegna di vari personaggi contemporanei, che il poeta immagina impegnati in una futura crociata (36,5–90).
- Canto XI per vedere le sinossi clicca su Opera e sinossi
- Invocazione alla musa e giustificazione della digressione precedente (1–5,2). Samael raggiunge il quartiere di Marfisa, fingendosi un pastore ottiene udienza ì e la informa della frode di Eudone (5,3–29,2). Marfisa manda Dudone verso Genova e varca con l’esercito un torrente in piena (29,3–45,4). Marfisa dispone l’esercito mandando un’avanguardia a attaccar battaglia (45,4–61,4). Uberto con il suo drappello arriva in prossimità dell’esercito nemico, sprona i suoi uomini alla battaglia (61,5–75).
- Canto XII per vedere le sinossi clicca su Opera e sinossi
- Battaglia fra gli eserciti di Marfisa ed Eudone: Uberto attacca i Longobardi e li mette in rotta (1–25,4). Interviene Marfisa attaccando i Longobardi alle spalle (25,5–50). Eudone riesce a riorganizzare le sue truppe e si batte strenuamente (51–70).
- Canto XIII per vedere le sinossi clicca su Opera e sinossi
- Prosegue la battaglia tra Marfisa e Eudone: morte di Rinieri (1–6). La battaglia si mescola, Marfisa ferisce a morte Eudone (6–27). Morte di un longobardo, dei suoi quattro figli e delle donzelle armate Erminia e Ismene (28–50,2). MarMarfisa risparmia Agilante, leale verso il suo signore (50,3–55). Fine della battaglia e commozione del narratore (56–59). Artemidora raggiunge il campo di Marfisa, si lamenta delle decisioni prese da Carlo e viene rimproverata (60–101).