Argomento
Per la promessa Oronta il re d’Egitto
disfida Alessio a singolar tenzone.
Si finge Sartaban pastore afflitto
e d’or miniere a Baldovin propone.
Van molte schiere al loco già descritto
che in quegli antri rinchiuse a morte ei pone.
fan duello i duo re, restan placati;
or Febo arcani d’or mostra svelati.
Alessio ha ragguagli sull’esercito cristiano da una spia (1-7,4)
1Intanto Alessio in su l’estreme sponde
del mare inalza inespugnabil torre
che possa guerreggiando in mezzo all’onde
a gli assalti nemici il freno imporre.
Questa armi e genti nel suo seno asconde
pronta ad ognor le sue difese opporre,
e tanto più che da quel lato il lido
com’altrove non è sicuro e fido.
2Ogn’altra torre ancor d’armi e guerrieri
rinforza, et altre navi ha fabricate,
e scorrer fa d’intorno, il ciel s’anneri
o splenda il sol, turbe a cavallo armate.
E come certa la vittoria speri,
nove schiere da Persia ha radunate,
et oltre queste ancor com’ei comanda
tributario l’Eufrate altre ne manda.
3nell’esercito avverso ignota spia
ha con provido avviso anco mandato,
onde ascosa lor mente a lui non sia
e ’l numero e ’l valor non sia celato.
Questa in Bizanzio a ritornar s’invia
e mezzo quasi ha del camin solcato
e già dal lido si vedean non lunge
le vele e già l’abete in porto giunge.
4Parla al tiranno e con sembiante ardito
di nova speme a lui riempie il core.
Narra come è già sciolto e disunito
l’esercito cristian preda d’amore,
e che nel ciprio regno era avvilito
di quei guerrieri il solito valore;
già molte squadre, ond’omai resta imbelle,
il campo a Baldovin fatte rubelle.
5Narra d’Oronta ancor la fuga e svela
che l’ama Armindo, e fors’il fior n’ha colto,
e per maggior sua doglia anco rivela
che al battesmo cristiano ha il pensier volto.
Numera poi el squadre e non gli cela
ch’Osmano anch’esso è fra le schiere accolto.
Spiega l’opre, i natali e ’l nome e i segno
de i capitani e de’ guerrier più degni.
6Loda Armindo fra i primi e i chiari vanti
del genitor Rosmondo a lui non tace,
e che move al pugnar membra giganti
quasi armato un gran monte Armonte audace.
Arnier, Casmoro e seco avvien che vanti
Alinda, che già mosse il piè fugace
dal patrio lido, et or colma di sdegno
guerreggia sol per racquistar suo regno.
7Narra il valor del gran guerrier che nacque
del Tebro là su le famose sponde,
a cui Marte non men ch’Apollo piacque
e più che l’or del sacro allor le fronde.
Ma qui l’astuto messaggier si tacque,Il re d’Egitto sfida Alessio a duello (7,5-17)
poi ch’altro avviso al re ne viene altronde,
ch’il re d’Egitto per la fé tradita
con novo messo a duellar l’invita.
8«Armati, «disse il messaggier «ti sfida
il re del Nilo, e dove cuoi t’attende.
Di promessa regal la fede infida
troppo il suo scettro e ’l suo valor offende;
chi ne la propria sua virtù si fida
solo nel campo a guerreggiar discende:
a che di schiere numeroso stuolo
raccor se può finir la guerra un solo?
9Né senza certo alta cagion di sdegno
egli ti chiama a singolar contesa,
or che promessa a lui fuor del tuo regno
Oronta stassi, e non sa già s’illesa.
Ben gli è nota tua mente e che disegno
hai di por fine a la nemica impresa
con arte tal che neghi a rege amico
ciò che donasti e l’offri al tuo nemico.
10Quindi, tu ’l pensa, qual crudel furore
privo d’Oronta ora s’accenda in esso,
che già gran fiamma concepì d’amore
quando fu di mirarla a lui concesso.
Ma qual lo sdegno suo, quale il valore
ti sarà meglio dal suo ferro espresso,
e sappi in tal pensier ch’ei sol respira
che spera nel tuo sangue estinguer l’ira».
11Tacque, e rispose il re: «Venga, o palesi
il campo a me dov’egli vuol ch’io vada,
né fia ’l giorno primier ch’in pugna io scesi
e in vece de lo scettro oprai la spada.
Forse il tuo re con modi suoi cortesi
vuol ch’a novi trofei m’apra la strada».
S’invia, ciò detto, il messaggiero in fretta
dov’il soldan la sua risposta aspetta.
12Ma il gran vecchio Idraote, a cui concede
il greco re di consigliero il pregio,
in tal guisa parlò: «Ben troppo eccede
spesso ne’ suoi furori animo regio;
tempra, signor, l’incauto ardire e ’l piede
frena, se pur non brami il tuo dispregio
che fora ben del tuo valor vil frutto
arrischiar nel tuo capo il popol tutto.
13Pugni l’Asia per te, non dèe chi regna
per privata cagione esporsi a morte,
con l’esercito tuo pugnar si sdegna
l’egizio re perch’è di te men forte,
quindi in battaglia singolar disegna,
perché gente ha inegual, tentar la sorte.
In van sei dunque a tal duello accinto
se del tuo campo il nome sol l’ha vinto».
14Risponde il re feroce: «Il tuo consiglio
favorevole al volgo il rege offende.
Che dirà il mondo se schivar periglio
dal soldano invitato Alessio intende?
Gira colà l’imperioso ciglio
e già nel carro anzi ’l trionfo ascende
il mio nemico, e di sognate glorie
già presume adornar le sue vittorie.
15Ed io starò qui neghittoso e lento
come il superbo minacciar d’un viso
empia l’alma regal d’alto spavento
e sia ’l primier ardir da me diviso?
No no, meco si provi e l’ardimento
mostri col ferro ei che mi finge ucciso.
Vinse co’ detti e trionfò, disarmi
or il suo vinto e al tempio appenda l’armi».
16Tace, e di rabbia ardendo alcune stille
versa di pianto, e nel turbato volto
splendon di sdegno allor lampi e faville,
ch’a la figlia rapita ha ’l pensier volto.
Così avvien che piovoso anco sfaville
talora il ciel quando è fa nubi avvolto,
allor che Giove irato acque diffonde
miste alle fiamme e in fosco vel s’asconde.
17Ne la stanza più interna e più secreta
del palagio regal poi si ritira,
né pur già mai l’accesa mente accheta
ch’in gran tempesta di pensier s’aggira.
Ma in vista al volgo poi serena e lieta
mostra la faccia e chiaro il guardo gira,
e nel centro del cor con gli odi insieme
del vicino periglio i timor preme.
Sartabano convince Baldovino a cercare l’oro nelle cavità di una montagna (18-30)
18Intanto è giunto a Baldovino avviso
che in gran desio ch’alta cagion richiede
un ignoto pastor con lieto viso
giunto è nel campo e l’udienza chiede,
e ch’al sembiante e che al giocondo riso
di futur gioir nunzio si crede.
Ch’entro s’ammetta il capitano impose,
et ei così gli orditi inganni espose:
19«Benché, signor, sotto sì rozze spoglie
me qui rimiri anzi i tuoi piè condutto,
non isdegnar, però che spesso accoglie
ruvida scorza prezioso frutto.
S’al mio dir povertà fede non toglie,
resterai tu d’altro secreto instrutto,
che negletto pastor spesso si vede
benché povero d’or ricco di fede.
20Figlio i’ son d’Ermolao, ch’un tempo in corte
visse di lui c’ha sovra l’Asia impero,
per valor d’armi e per maniere accorte
grato al re molto e celebre guerriero;
ma come volger suol l’iniqua sorte
la rota al fin del grado suo primiero,
precipitò de le miserie estreme
nel fondo, e sua ruina ancor me preme.
21Ma molto più che la crudel fortuna,
Alessio a me fu di sue grazie avaro,
Alessio ch’i suoi sdegni empio raguna
più contro quei che è di virtù più chiaro.
Uom più crudo già mai sotto la luna
cred’io non fosse, e dal mio duol l’imparo,
ch’a me, qual sempre a le rapine è volto,
dell’or paterno ogni reliquia ha tolto.
22Or sendo già d’intorno a tutti noto
di tua pietà, di tua giustizia il grido,
più ch’al crudo mio rege a te devoto
ne vengo, e trarne aita io mi confido;
e perché ricco speco ad altri ignoto
posso additarti in solitario lido,
più ch’al tiranno a te scoprir disegno
che più di quel crudel ben ne sei degno.
23S’apron lungi non molto ampie caverne
a cui sentier mal conosciuto adduce,
lume del sol già mai qui non si scerne,
ma ben sempre dell’oro arde la luce.
Tu là potrai nell’auree vene interne
ben penetrar, s’io ne verrò tuo duce,
e quivi, già ch’il fato a te il concesse,
coglier dell’or la preziosa messe.
24Né, come altrove suol, quivi scintilla
metallo misto ad escremento impuro,
ma secura da ogni ruggine sfavilla
fulgida gleba d’or lucente e puro
Qui gran tempo natura in sen nudrilla
e in lento foco separò l’oscuro
da le parti serene e luminose,
che fra i puri suoi rai già si frapose.
25Or se tu stesso a te sì gran tesoro
per non dar fede a i detti miei non togli,
intente al prezioso alto lavoro
meco le navi alla gran preda sciogli.
Teco guida tue schiere, e tu con loro
ciò che ti porge il tuo destin raccogli,
poi che all’acquisto di sì ricco dono
solo e debile vecchio inetto io sono.
26Spero ben io ch’in guiderdon dell’opra
fra tanti rai del gran tesoro ascoso
un raggio ancor di tua pietà mi scopra
il sentier di quiete e di riposo,
e pria che l’ossa mie terra ricopra
a me tanto si mostri il Ciel pietoso
ch’impetri ciò: da te che tu mi guidi
teco, signor, fra servi tuoi più fidi,
27ché, quando un giorno io fia pur fatto degno
sotto al tuo scettro di menar mia vita,
certo sper’io di rintuzzar lo sdegno
di lei che sempre a lacrimar m’invita».
Così con lieta fronte et occhio pregno
di gioia spiega la gran frode ardita.
Umil poscia s’inchina e ’l piè gli prende,
lo bacia e stringe, e la risposta attende.
28Ma ’l saggio capitan, benché sembianza
abbia del ver ciò che colui gli ha detto,
non fonda nel suo dir certa speranza
e qualche dubbio ha nel suo cor concetto,
ch’è ben palese a lui la greca usanza
che spesso insidie sa celar nel petto.
Pur possibil lo stima e a sua proposta
doppo alquanto pensar diè tal risposta:
29«Pastor, se speri in me ben, da la fama
hai non sempre mendace il vero udito.
Serba il mio cor d’altrui giovar tal brama
che grato è a me de’ preghi altrui l’invito,
e s’in tuo pro l’occasion mi chiama
l’offerta accetto, e m’è ’l tuo amor gradito,
e s’il fonte dell’or ne scoprirai
di quel tesor non poca parte avrai».
30Al prence allora Sartaban s’inchina,
e mostra più che pria volto giocondo,
ma del campo cristian l’alta ruina
cela nel centro del suo cor profondo.
E s’altri occulta irreparabil mina
col foco appresta in sotterraneo fondo,
ei con l’acque disegna in varia sorte
al nemico portar ruina e morte.
Duello tra Alessio e il re d’Egitto e pacificazione (31-74)
31Giunt’era intanto il messaggier veloce
all’aurea Memfi, ov’il soldan l’aspetta,
e fatto a lui presente alza la voce:
«Il tracio re la tua disfida accetta,
e sì mostrossi nel suo dir feroce
ch’ad incontrarti già, cred’io, s’affretta,
e m’impose a te dir ch’egli si gloria
ch’a lui porgi cagion d’alta vittoria».
32Sorrise il rege e nel superbo aspetto
lampeggiò l’ira in un sol punto e ’l riso.
Poscia risponde a lui: «Vano diletto
di perditor c’ha ’l trionfante ucciso».
Cinta al spada e ’l capo armato e ’l petto
si vedea poscia sovra il destriero assiso.
Del regno i grandi ancor vanno con esso
e l’esercito suo gli segue appresso.
33Né meno Alessio impaziente freme
di venir seco a singolar contesa,
e di lui trionfar sicura speme
par ch’abbia già nell’alta mente appressa.
Tronca ogn’indugio e la sua gente insieme
armata ne conduce in sua difesa,
e prende per via corta il cammin dritto
ove incontro ne viene il re d’Egitto.
34Dell’un e l’altro re precorsi intanto
eran messaggi, onde ciascun s’affretta,
però che l’un e l’altro a minor vanto
prende se lento il uso nemico aspetta.
Giunt’era Alessio ov’a Scamandro a canto
stassi in gran palagio una collina eretta;
qui le sue genti ferma or che rimbomba
omai non lungi la nemica tromba.
35E già mira da un colle avvicinarsi
del Nilo il re, da le sue schiere cinto,
che giunto impone a i suoi tosto fermarsi
e già ne forma ampio squadron distinto;
e in mezzo al piano già sono comparsi
l’uno e l’altro guerrier di ferro cinto,
ma intorno ad essi immobili e schierate
stanno le genti in lor difesa armate.
36Superbi in atto e in maestà regale
con lento passo ad incontrar si vanno,
e giunto Alessio a fronte, in guisa tale
disse al re: «Non son io fabro d’inganno
s’a te Oronta involò destin fatale;
mentre i cristiani a me rapita l’hanno,
qual è il mio fallo? Il creder tuo ben erra
ch’a me colpe sognando intima guerra».
37Così parla, e la lancia in alto eretta
tien l’uno e l’altro, e breve tregua han fatto.
Ma risponde il soldan: «Non vo vendetta
da te, se tu non violasti il patto».
Replica allora Alessio: «A me s’aspetta,
già che qual reo nel campo or qui m’hai tratto;
né creder ch’io svelassi il mio pensiero
per timor già ma per amor del vero.
38Falso è dunque il tuo detto e non fallace
è la mia fede, e la promessa Oronta
prendi dall’altrui man, quando a te piace,
ma rendi a me prima ragion dell’onta.
Così dicendo con sembianza audace
la lancia abbassa e ’l gran nemico affronta,
né con minor ardir, con mino arte
gli vien contro il soldan dall’altra parte.
39Rapidissimo è il moto e i lor destrieri
corron non già ma volano nel corso,
e vedi starsi in tanto i cavalieri
pronti a ferire immobili su ’l dorso.
Ma, passate le lancie appo i cimieri,
l’un destrier contro l’altro è sì trascorso
che nulla oprando in sì grand’urto il freno
cadon precipitosi in su ’l terreno.
40Non molto Alessio da ogni impaccio tolto
sottrarsi bada al corridor pesante,
ma forz’è pur ch’il re d’Egitto molto
dimori più per liberar le piante,
però ch’il piè sotto al destriero accolto
gli diè non picciol duolo in quell’istante,
e fu gran sorte che da l’elmo offeso
in terra non restasse immobil peso.
41Tragge quegli la spada in quel momento
che sorto il vede e far ritorno in guerra,
ma il re del Nilo a la difesa intento
in se medesmo si ristringe e serra.
Gira il piede e la mano in moto lento
né alcuno d’essi ancor colpo diserra,
guardingo stassi e ognun di loro immoto
aspetta allora dell’altrui punta il moto.
42Vibra il ferro il re greco alfin primiero
ma nel petto nemico ancor non giunge,
quando il soldano l’improviso e fero
colpo ribatte e, non offeso, il punge.
Torna di nuovo il re de’ Traci altero,
fervido d’ira, e vigor l’ira aggiunge,
e sì rapido allora il colpo stende
ch’a pena il minacciò ch’il sen gli offende.
43Né tanto il fido cuoio ond’è coperto
resister può che non ne tragga il sangue.
Non men però il soldano il braccio esperto
muove a ferir, né però duolsi o langue,
e di speme ripien nel rischio incerto
tenta ogni strada ond’ei giù cada esangue,
ma sempre ch’al piagar s’apre la via
col ferro Alessio il ferro suo disvia.
44Or pronto or lento, ora ritorna or parte,
or fermo attende ora d’intorno gira,
or lo nasconde or mostra il petto ad arte,
or s’inoltra fingendo or si ritira,
l’assal da questa, ora da quella parte
l’altro, e non meno alla vittoria aspira.
Mostran membra robuste, invitto core,
e ne’ vari lor colpi egual valore.
45Doppo lungo pugnar vibra la punta
Alessio al fin sì risoluta e forte
ch’omai nel petto al fier soldano giunta
a lui minaccia irreparabil morte.
Schiva ei l’incontro e pur da sé disgiunta
la lascia e, come vuol nemica sorte,
mentre s’arretra il piè con cieco inciampo
l’inegual gleba il fa cader nel campo.
46Sorride quei mirando il re cadente,
che poi steso e supino in terra giace,
ma il soldano agghiacciarsi allor si sente
d’improviso timore il core audace;
pur, veggendo la morte omai presente,
pietà non chiede al suo nemico e tace,
ma il magnanimo Alessio a terra volse
il ferro e in guisa tal la lingua sciolse:
47«Levati in piè, forte guerrier, ch’in vano
a vil trionfo il tuo cader m’invita.
Usa a chiari trofei sdegna mia mano
con tal vantaggio altrui toglier la vita.
Tosto in piedi risorse il fier soldano
e vigor racquistò l’alma smarrita.
Ma nel punto ch’ei cadde, estinto forse
credendol, la sua gente avanti corse.
48Vengono i Traci ancor dall’altra parte
e in mezzo al campo s’incontràr le schiere.
Stringonsi in zuffa e nel confuso Marte
or vedi lancie, ora cader bandiere.
rosseggian l’erbe e presso l’armi sparte
già miri estinti i cavalier giacere,
e in van gridano i re, ch’agili e presti
già sono in sella, che ciascun s’arresti.
49Di qua, di là scorron d’intorno e intanto
più la discordia e ’l gran tumulto cresce.
Chiamano i suoi con alta voce e quanto
s’adiran più, più si confonde e mesce.
Stan sovra i morti i moribondi, e ’l pianto
misto col sangue e col sudor fuori esce,
cadon da tutti i lati et indistinto
*** quali siasi o vincitore o vinto.
50Suonan le trombe a la ritratta, e a pena
de gli oricalchi odon le turbe il suono,
e l’aria è sì d’alto rumor ripiena
ch’a pena udrian fra tanti gridi il tuono.
Partono al fin da la sanguigna arena
e già sotto i vessilli accolte sono,
ma lente vanno, e ancor lo sdegno folle
non ben sopito entro a i lor petti bolle.
51Già riuniti i campi sparsi e vedi
i duo guerrier soli restar nel piano,
e già de’ Greci il re smontato a piedi
invita a nova pugna il gran soldano.
Ma placido ei risponde: «Invan tu chiedi
che più contro di te mova la mano;
desti a me vita generoso e forte,
giusto non è ch’a te procacci or morte.
52Se l’amor non ricusi io più non bramo
nel commun rischio ritentar fortuna,
e reo di van sospetto anco mi chiamo
né più di guerra ho in te ragione alcuna,
e ’l magnanimo spirto onoro et amo
e la fede e ’l valor ch’in te s’aduna.
Ecco la destra io già disarmi, e degno
sian questi amplessi d’amicizia segno».
53Risponde Alessio: «Al tuo cortese invito
or pronto anch’io depongo l’armi e l’ire,
e m’è la pace e m’è il tuo amor gradito
e quel che già mostrasti invitto ardire».
Ma già i corsieri al mauritano lito
volgendo, il sole affretta il suo partire,
sì che d’Egitto il re consiglio prende
ivi fermarsi e fa spiegar le tende.
54Poscia il re già nemico a mensa invita,
onde più stringa d’amicizia i nodi,
e, lieto in volto e destra a destra unita,
del suo mero ragiona e gli dà lodi,
e benché lieve sia la sua ferita
pur vien che tra le fascie omai s’annodi,
e ’l saggio Orfebo pria ne tragge fuore
il sangue e poi v’instilla aureo liquore.
55A pena ha tocco la piagata parte
il magico elissir ch’in un momento
si ristagnan le vene e ’l dolor parte
e n’oblia tosto l’egro ogni tormento.
L’oro in acqueo rubin la fisic’arte
disfece, e quasi assottigliollo in vento,
sublimo ’l grave e dal suo centro oscuro
ne trasse fuor lo spirto aereo e puro.
56Siedon poscia a la mensa e cento intorno
stanno ministri a vari offici intenti,
e nel notturno orror fanno al dì scorno
gli ardenti lumi in ogni parte accesi.
Vago giardin di frondi e fiori adorno
verdeggia qui su i bianchi lini stesi,
e figurati in lucido lavoro
splendon chiari cristalli, argento et oro.
57Ma già tolgonsi i cibi, Orfebo intanto
su la cetera d’or sveglia le corde,
e dolce unisce di sue voci il canto
de gli armonici nervi al suon concorde.
Canta costui del sol facondo il vanto,
de gli elementi l’armonia discorde,
e svela altrui quanto lasciò già scritto
ne’ caratteri ignoti il mago Egitto:
58«Padre del mondo, universal sostegno,
che per dar vita immoralmente vivi,
face vital ch’il tripartito regno
de la natura illuminato avvivi,
che dai moto a le piante, all’uom l’ingegno
infondi, e luce de’ metalli a i rivi,
vigor che ne gli abissi imi e profondi
del ciel, del suol, dell’ocean t’ascondi,
59quanto più manifesto in ciel risplendi.
più occulto sei qui ne la bassa terra,
e se colà stelle infinite accendi
e ’l ciel rischiar e movi all’ombre guerra,
qui giù, mentre invisibile discendi,
quasi in prigione il tuo splendor si serra,
chiuso nel fosco sen de gli elementi,
e sol traggon da te spirto i viventi.
60Felice quei che dall’impura mole
separar puote il raggio aureo celeste,
e trae dal corpo suo l’alma del sole
e l’orna poi de la regal sua veste.
Lungi profani entro l’egizie scuole
sol d’Erme il figlio a penetrar s’appreste,
e qui vincer le Sfingi e qui s’invoglie
de la Sibilla a riunir le foglie.
61Tiranni ingordi, ambiziosi ingegni
non sperin filosofico tesoro,
ché troppo son gli avari spirti indegni
di dominar su l’or s’adoran l’oro.
Vadan col ferro a trionfar de i regni
e spoglion de i tesor l’Arabo o ’l Moro,
tanto lor basti, abbian regale onore,
né sperin servo suo ch’è di lor maggiore.
62Sol di virtù ripiena alma pietosa
degna si fa di sì celeste arcano,
qual vidi nel mio re, che luminosa
mostrasi ognor ne la sua regia mano.
Oltre la luce, c’ha nel seno ascosa,
di benefico spirto e sovraumano,
è sì pronto a giovar ch’il rese degno
scoprir del sol, che il sol produce, il regno.
63Il fecondo suo spirto ha nobil sede
in ciascun loco e pur ciascun nol mira,
la mano il tocca e lo calpesta il piede
e ’l volgo intanto a lui lontan delira.
Magico ingegno sol lo scopre e vede,
e ’l sole occulto in mezzo all’ombre ammira,
e talor anco se propizio ha ’l cielo
il tragge fuor dal suo corporeo velo.
64Egli pria gli elementi unisce insieme,
poi gli converte e in giro ognor li volve,
e ’l foco in grembo all’onda ammassa e preme
e l’aria in sen dell’invisibil polve;
poscia del sol, che’è in lor rinchiuso, il seme
in atomi purissimi risolve,
indi a soffrir soave ardor l’avvezza
sin che Vulcano al fin vice e disprezza.
65Quel seme poi ch’è un invincibil foco
se d’animale o di metallo impuro
entra nel sen, tosto cedendo il loco
sen fugge ogni contrario atomo oscuro;
quindi talor prende l’infermo a gioco
le febri e fassi il fosco piombo or puro,
ché l’alma universal col suo simile
s’unisce, e scaccia il ruginoso e vile.
66Dunque chi brama il sol cerchi l’aurora
e contempli se rose attento e fiso,
e voli ape felice in grembo a Flora
o su ’l crin di Iacinto e di Narciso.
Tragga da i fior linfa odorata fora
che del sol lavi il polveroso viso,
così candido fatto e rubicondo
n’apparirà di novo sol fecondo».
67Sì canta Orfebo, e de gli arcani ignoti
con chiari detti i gran princìpi svela.
e del ricco vapor gli occulti moti
da gli antri oscuri a lor tragge e rivela.
Stanno i vulgari al suo parlare immoti
e ’l sol di cui ragiona a lor si cela,
ma quei ch’eran fra lor sublimi ingegni
scoprìr da lungi i non creduti regni.
68Disse allora ad Orfebo il rege greco:
«Troppo avaro fu certo il vostro Egitto
quando parlò dell’arte maga, e seco
il più ritenne e ’l men lascionne scritto;
quindi è ch’il vulgo forsennato e cieco
lascia privo di scorta il sentier dritto,
e che spesso si vede avido d’oro
impoverir per ricercar tesoro».
69Ma rispose gli ’l mago: «Ingiusto fora
a tutti aprir ciò che celar conviene.
Mostran l’egizie carte altrui l’aurora
che del vicino sol desta la spene;
natura nol creò ne’ campi fòra
ma chiuso l’or nel sen de gli antri tiene.
Così l’arte non dèe ciò che coperto
natura serba altrui mostrar aperto.
70Egual fora all’ignaro il forte e ’l saggio
se prima d’acquistar l’aurate foglie
ne’ campi Elisi ognun fesse passaggio
dove il fior solo de gli eroi s’accoglie.
Non è a tutti concesso il gran viaggio
et a pochi Caronte il legno scioglie,
se in man non porti i preziosi rami
da l’alta ripa in van pregando il chiami.
71Questa è la pianta amabile e gioconda
dell’esperio giardin fulgida prole,
ch’è d’ogni ben, d’ogni tesor feconda,
emula in terra del celeste sole.
L’aria dunque a la terra, il foco all’onda
unisca egual chi posseder la vòle».
Sì disse, e al fin sotto le tende ascosi
rendean poi su le piume i lor riposi.
72Già il primo albore è in Oriente uscito
e già d’ostro l’aurora il ciel dipinge,
e ciascun de le trombe al primo invito
già s’appresta al viaggio e l’armi cinge.
Prendon congedo e su ’l destrier salito
al partir l’uno e l’altro re s’accinge,
l’un verso il Nilo move, e l’altro in fretta
là dove altra battaglia omai l’aspetta.
73Et era già de la regal sua fede
non lungi Alessio quando, in mesta faccia,
sovragiunse un corrier ch’avviso diede
che novi assalti Baldovin minaccia,
e che superbo di novelle prede
sempre ne va de’ traci legni in traccia,
e che sendo ei lontan par ch’il vigore
manchi a’ suoi duci e ’l solito valore.
74Udito ciò più frettoloso move
in vèr Bizanzio il fier tiranno i passi,
e pensa a crudeltati et arti nove
perché maggior la tema oltre ne passi.
par ch’in guise più fiere il cor rinove
che ad or ad or anco più crudo fassi,
e par che incrudelir brami egualmente
ne la soggetta e la nemica gente.