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L’Oriente conquistato

di Tiberio Ceuli

Canto VII

testo e note a cura di T. Artico | criteri di trascrizione
ultimo agg. 26.09.15 7:32

Argomento
Pugnan contro i pagan l’armi cristiane
che vincon poi ne la naval contesa.
S’adira Alessio, e stupido rimane
e fa consiglio tal novella intesa.
Bimarte invia ch’in voci umili e piane
distorni Baldovin da tanta impresa;
nulla ottiene; il re trace avvien si sdegni,
onde a nova battaglia arma i suoi legni.

Alessio fa strage orrenda dei rivoltosi (1-4)

1Giunto a pena in Bizanzio, insieme accolti
i suoi più fidi, a lor così favella:
«Più che i nemici a nostri danni volti,
mi turba il cor la gente a me rubella.
Or miri l’Asia e tutto il mondo ascolti
sovra i sudditi miei strage novella,
e temerarie turbe e ribellanti
impari a suscitar contro i regnanti.

2Senza indugio frapor ciascun si prenda
che diè già mai d’insidia in sé sospetto,
e di braccia e di piè privo si renda
sì che rimanga in mortal ozio inetto.
il tronco busto a un arbore s’appenda
e qui sia poscia a lenta morte astretto,
e qui de’ corvi e d’avvoltoi la fame
pasca vivo cadavere et infame.

3Sì disse, e ben nel nubiloso volto
allor sì fiero lampeggiò lo sdegno
che del furor c’ha dentro il petto accolto
ben si legge di fuor non dubbio segno.
Barbaro stuol d’empi sergenti han volto
ad ubbidirlo già l’armi e l’ingegno,
già provan gl’infelici in fra ritorte
a pena stretti inusitata morte.

4Spettacol miserabile repente
del mar per lungo tratto in su l’arena
pender fu visto il popolo dolente
d’orride travi in sanguinosa scena;
le mani e i piè recisi, egro e languente
vive morendo in lenta orribil pena.
Duo mila furo i miseri rubelli
che dier non molti ancora esca a gli augelli.

Alessio manda Aronte contro Baldovino ma ne ottiene un’altra rovinosa sconfitta in battaglia navale (5-42)

5Quindi volto il pensiero al gran periglio
in cui l’han posto già l’armi cristiane,
quasi privo d’ardire e di consiglio,
fra tema e speme attonito rimane.
Chiama a sé poscia Aronte, e in mesto ciglio
dicea: «T’appresta a guerreggiar dimane;
sfida quegli empi e pe ’l camin più corto
va con mille navi ad assalirgli in porto».

6«Tal era il mio desire «il capitano
allor rispose, e senza far dimora
sue genti aduna, e in placido et umano
sembiante i duci suoi così rincora:
«Valorosi campioni, ecco lontano
non è quel dì ch’a nostri colpi mora
l’empio ladron che da le franche arene
sognandosi trionfi a noi sen viene.

7D’ira armato e d’orgoglio, ei non paventa
l’armi dell’Asia, da furor sospinto,
né sa il nostro valor fin che non senta
il ferro ne le vene e cada estinto.
già veder parmi, e spero il Ciel consenta,
questo mar del suo sangue asperso e tinto,
e seco tutte ancor le genti avverse
o messe in fuga o in questi flutti immerse.

8All’apparir de la novella luce,
forti guerrier, a trionfar v’invito,
e quando a punto in ciel l’alba riluce
gli armati legni scioglierem da lito.
Io ne verrò di voi compagno e duce,
non men di fé che di consiglio unito,
e con vo spero avrò ne la vittoria
e communi le prede anco la gloria».

9Sì disse, indi ciascun prendea riposo,
ché già la notte ha stese l’ombre intorno.
Era ne la stagion ch’il luminoso
carro del sol rendea più lungo il giorno,
sì che illustrando l’orizzonte ombroso
tosto l’aurora fe’ nel ciel ritorno,
e già la tromba e in quella parte e in questa
risuona l’armi e i sonnacchiosi desta.

10E dal lido partir già la navale
armata con bell’ordine si mira,
e mentre il sen co’ remi suoi gli assale
par che percosso il mar mormori d’ira.
Spiegan i legni torreggianti l’ale
rapidi al venti, che secondo spira,
né meno intanto con veloci vele
contro venìa l’esercito fedele.

11Di tanti legni allor sotto il gran pondo
curvasi l’onda, e faticosa geme,
e par che sovra ’l tergo ampio e profondo
porti cittadi et abitanti insieme.
Di qua, di là spettacolo giocondo,
doppia armata s’affretta e i flutti preme,
e d’arbori volanti immensa appare
quasi gran selva bipartita in mare.

12Vedresti qui da mille remi e mille
vomitar l’onde scosse argentee spume,
e da lungi vibrar lampi e faville
i rilucenti acciar del sole allume.
oh come par che chiaro arda e sfaville
il mar ne’ bei riflessi oltre il costume,
tal diffondono intorno aureo splendore
elmi e scudi, aurei remi, aurate prore!

13Già ’l biancheggiar de le nemiche vele
vedea da lungi l’uno e l’altro campo,
né vien ch’all’altrui vista omai si cele
de’ remi il moto e de lor armi il lampo.
prende allor cauto il popolo fedele
oblique strade per l’ondoso campo,
in fin che spinge a favorirlo intento
i lini suoi con dritti soffi il vento.

14S’arretra allora e ’n tortuosi giri
solca l’oste nemica il salso flutto,
cercando l’aura che seconda spiri
a le sue navi il suon nocchiero instrutto,
ma cauto più del fier pagan già miri
col vento a tergo Baldovin condutto,
e pria che giunga a fine il lor disegno
dà il gran guerrier de la battaglia il segno.

15Aldoro allor col legno suo primiero
la nave incontra ove Rodaspe è guida,
e in quel punto s’udian del popol fero
in mormorio confuso orrende strida.
Ma tace Aldoro, e ’l suo drappello arciero
co i dardi più che col gridar gli sfida,
curvo acciar vibra e con le sue catene
il naviglio pagan fermo già tiene,

16e su l’angusto ponte il passo audace
affrettando a i perigli oltre camina.
Ma il fier Rodaspe a lui primier si face
incontro, e per ferir gli s’avvicina;
sdrucciola Aldor, ma con la man tenace
s’appiglia a un remo mentre giù ruina,
lieve così ch’il suo nemico vede
caduto a pena ch’è già sorto in piede.

17E sì veloce e impetuoso il brando
rota su ’l legno ov’egli già salito
ch’il ferro quasi fulmine vibrando
prima ha Rodaspe e poi Selim ferito.
Cade il duce nel mar l’alma spirando,
l’altro su ’l pino, attonito e smarrito,
e sì riman la fronte aperta e pesta
che breve spazio doppo in vita resta.

18Su ’l legno suo tutta è d’Aldor la schiera,
fuggono i Traci impalliditi in faccia,
e parte a nuoto in mar pronta e leggiera
e parte sotto in grembo al pin si caccia.
Ma vano schermo fa ch’altri non pèra
la fuga, e i vinti il vincitor rintraccia,
e molti con gli strali in mezzo all’onde
n’uccide, et altri ove il timor gli asconde.

19Spingeva in tanto il valoroso Armonte
nel corno manco de’ nemici legni
sue navi armate, ov’è Idraote a fronte,
che par ch’omai di non pugnar si sdegni.
Lancia il gigante in arrivare il ponte
al pino e gli altri ancor ferrei ritegni;
scelta ha per ponte soda trave e greve,
poi che dèe sostener peso non lieve.

20Passa veloce il fier gigante allora
e non teme di strai nembo o tempesta,
e giunto là su la nemica prora
altri fère, altri uccide, altri calpesta.
Già l’assale Idraote, e seco ancora
folta turba de’ suoi pugnar non resta,
ei solo è in mezzo, e a cento spade e cento
porta solo una spada alto spavento.

21Da tutti i lati del nemico legno
cade nell’onde la trafitta gente,
e di rendersi omai brama far segno
al cristian vincitor lo stuol perdente,
quando Arimone, uom di feroce ingegno,
lascia la spada e, di furore ardente,
con lunga falce ch’a due mani ei prende
la destra gamba al fier gigante offende.

22Taglia i nervi e le vene e all’osso giunge
l’adunco acciaro, e ’l fa cader nel piano.
Grant turba è a lui d’intorno e sovra giunge
più folto ad or ad or lo stuol pagano;
ma ’l duolo acerbo sì l’affligge e punge
che l’usato vigor toglie alla mano,
non però cede, ancor che giaccia in terra,
ma s’erge su ’l ginocchio e a lor fa guerra.

23E così ancor, benché non tutto eretto,
sovrasta a gli altri e fa incredibil prove,
ma già lo stuol de’ suoi guerrieri eletto
in soccorso di lui pronto si move.
Grand’è la zuffa, e l’un con l’altro stretto
vien che pugna più fiera or qui rinove.
Cedono al fine, et Idraote stesso
già vien legato, et Arimon con esso.

24Rosmondo allor nel destro corno avea
de’ suoi nemici il suo gran legno spinto,
sette navi ha d’incontro e si vedea
nuvol di strali in verso lui sospinto.
Ma il legno che due torri al cielo ergea
non teme, ancor che sia da tanti cinto,
e, benché novo ancor soccorso giunga
a gli altri sette e forze a forze aggiunga,

25la smisurata nave a scherno prende
di quei legni minor gli assalti fieri,
e tanto in suso ogni sua torre ascende
che non ha gran timor de i traci arcieri.
Su la torre maggiore alto risplende
ricoperto d’acciar stuol di guerrieri.
Piovon da la minor, come abbian l’ali,
di bitumi e di solfo accesi strali.

26Contro la pioggia de le fiamme ardenti
non fa scudo difesa o braccio forte,
e portan, quasi fulmini cadenti,
irreparabilmente incendio o morte.
Ma già veggendo incenerir le genti
a la ritratta fan sonar le scorte,
che l’improviso ardor ch’in giù discese
non ch’a le vele, a i legni ancor s’apprese.

27E già il navilio ove Arimaspe impera
et altri duo che mando in guerra Orcano
ardon di fiamma sì vorace e fiera
che s’usa ogni arte, ogni difesa in vano.
Ardon le vele e i remi e la guerriera
turba non più di ferro arma l amano,
ma tutti a gara su ’l gran foco l’onde
e soldato e nocchier pronto diffonde.

28Dal gran seno dell’acque alzarsi al cielo
vedi miste a le fiamme ombre fumanti
che van tessendo un tenebroso velo,
qual nube oscura, al chiaro sole avanti.
S’avanza il foco e un improviso gelo
di tema agghiaccia il core a i naviganti;
tentan fuggir ma van consiglio appare
fuggir dal foco per morir nel mare.

29Pur ripensando ch’è ben meglio allora
quanto si può più prolungar la vita,
si gettan giù dall’infiammata prora
ch’apre già i fianchi lacera e sdruscita.
Ma nuotan breve tempo e il mar divora
di lor gran turba, che, da i legni uscita,
in stran guisa misera sen giacque
gioco pria de le fiamme e poi dell’acque.

30Né sol queste altre navi erran per l’onde
ripiene il sen di fiammeggianti ardori,
mentre qual nube intorno ognor diffonde
fulmini e lampi la gran torre fuori.
Sì denso è il fumo ch’alle viste asconde
dell’arme istesse i lucidi splendori,
e come in fosca notte il sol si cele,
più non vede il nocchiero antenne o vele.

31Due scelte navi allora il saggio Aronte
con guerrier dentro in simil rischio esperti,
tosto mandò de la gran nave a fronte
e questi d’ampi scudi eran coperti.
Diluvia in tanto giù di foco un fonte,
ma quei per calli perigliosi et erti
sotto concavi acciari ascosi i volti
a salir su ’l gran pino i passi han volti.

32Con lung’aste rispinti all’acque in seno
cadono molti, altri su l’alte scale
tra i ferri e tra gli ardor ratto non meno
incontrando la morte invitto sale.
Sale tra i primi in su la proda Argeno,
e già ferito l’ha più d’uno strale;
pur, come de le piaghe il duol non senta,
minaccioso in sembiante oltre s’avventa.

33Ma l’incontra Rosmondo e in un sol punto
fur cento spade incontro Argen converse,
e pria d’ogn’altro il capitan vi è giunto
che fera punta in mezzo al cor gl’immerse,
ed in più parti ancor forato e punto
con più rivi di sangue il piano asperse,
ma non però la turba ardita e presta
per l’erte scale di salir già resta.

34E più s’inoltra allor quando s’accorge
che già mancato a i difensori il foco,
e più viva la speme in lor risorge
e ’l cristiano valor si prende a gioco.
Già di traci guerrier pieno si scorge
il legno, e a sì gran turba angusto è il loco.
Sì misto è il volgo e così unito e folto
che cade in mar spesso all’un l’altro avvolto.

35L’un l’altro preme e ’l breve campo e stretto
lo spazio a i ferri e toglie i colpi all’ire,
e in van più volte a la battaglia il petto
Rosmondo espone e in van par che s’adire.
Pur minacciando e ’l ferro in alto eretto
vien che sì fiero e impetuoso gire
ch’or col sguardo, or co gli urti, or con la spada
il folto de le genti apre e dirada.

36E tale han del campion alto spavento
che gran parte di lor fugge e s’asconde;
pur folto stuolo a la vendetta intento
de’ più forti guerrier vien ch’il circonde.
Egli, armato d’insolito ardimento,
col ferro a chi l’assal pronto risponde,
e mentre al suo valor fortuna arride
non piagato, altri impiaga et altri uccide.

37Et ad Arman, ch’un gran fendente in testa
gli alza col ferro ch’a due mani ha preso,
vibra di colpi sì crudel tempesta
che già lacero il miri al piano steso,
e sì la spada è impetuosa e presta
ch’a pena accenna ch’è il nemico offeso,
così nube qualor s’apre e divide
fulmina a pena, balenar si vide.

38Né men vedeansi allora i suoi guerrieri
ne la vil plebe insanguinar la mano,
e quei che non morìr già prigionieri
su ’l pino adduce il gran guerrier cristiano.
Ma ’l fiero Aronte co’ suoi Greci alteri
in altra parte non pugnava in vano,
c’ha già nell’ostinata aspra tenzone
molti uccisi et Ernier fatto prigione.

39E già Lavinia e seco Alinda ancora
poste ha in catene il barbaro crudele,
et affondata ha già più d’una prora
ove in guerra venìa lo stuol fedele.
Volse Rosmondo allor senza dimora
incontro a lui le trionfanti vele,
vien seco Armindo e Baldovino istesso
corre in soccorso, et altre navi appresso.

40E qui guerra più cruda e più mortale
già stretti insieme incominciaro i legni,
e Baldovino, or che i nemici assale,
mostra d’alto valor gli usati segni.
Ma, sforzato al fuggir, rapide l’ale
già spiega Aronte per gli ondosi regni,
pur scemando il dolor ché prigioniere
conduce nel suo pin l’alte guerriere.

41Senza ordine disciolta erra per l’onda
l’armata tutta, e ’l vincitor cristiano
ratto al segue, e alcuna nave affonda
et altre poi va seguitando in vano.
Alcuna ancor, benché di gente abbonda,
conduce seno per l’ondoso piano,
ch’a sue minaccie agevolmente cede
già che schiava o pur morta esser si vede.

42Ma già fornito avea del suo viaggio
l’aureo carro del sole il corso intero,
e già languia del dì l’ultimo raggio
e ad or ad or più l’orizzonte è nero,
onde già suona a la ritratta il saggio
che su i Franchi guerrieri have l’impero,
e seco fa condur, carche di schiavi,
già suo trofeo le prigioniere navi.

Alessio manda false ambasciate a Baldovino, il quale rifiuta la pace (43-70)

43Fra tanto Alessio, tal novella intesa,
volge nel dubio cor vari pensieri;
pur, racchetando la sua mente accesa,
chiama a consiglio i duci suoi primieri,
e perché stima inabile all’offesa,
fatta minor di legni e di guerrieri,
l’armata sua, pria tutti uditi avante
così parlò con torbido sembiante:

44«Siasi pur nostro o del destin difetto,
pur troppo i suoi disegni il fier cristiano
scorge al suo fine, e par ch’omai ristretto
fra queste mura io mi diffenda in vano,
sì che a sperar vittoria io son costretto
dall’ingegno assai più che da la mano.
S’adopri ogni arte ov’è sì grave il danno,
ciò che nega il poter possa l’inganno.

45Né già mi aggrada ritentar di novo
dubbioso assalto come Aronte esorta,
se miro il mal ch’inaspettato or provo
di tanta gente o prigioniera o morta.
Ma un gran pensier che già gran tempo io covo
ne la mia mente, a me gran speme apporta,
ch’ora, o miei fidi, io vi farò palese»,
poi pensò alquanto, indi a parlar riprese:

46«Se ben raccolgo il gran favor di Marte,
propizio sempre a Baldovin sagace,
e le perdite nostre e tutto in parte
ciò che turbò de’ miei pensier la pace,
reco ad una cagion, che non si parte
dal buon parer di Satraban verace,
a quell’ardire et alle man sì pronte
del forte sì ma troppo audace Aronte.

47Egli, che abbonda di soverchia speme,
la mente mia ne’ suoi timor sicura
spronando accese, e me col regno insieme
porre in gran rischio in guisa tal procura.
Ma s’egli è tal che le sciagure estreme
o giamai non paventa o pur non cura,
lontan dal precipizio e dal periglio
a me s’aspetta il variar consiglio.

48Non contrastar, non irritar lo sdegno
ma di fortuna, se ti incontra, il crine
prendere a tempo è di maturo ingegno
consiglio, e non cercar le sue ruine.
Mova lenta la man pur ch’il disegno
conduca il saggio al desiato fine;
chi rapido sen corre a la vendetta
perde allor quando la vittoria aspetta.

49Meglio è cercar con provida dimora
che il nemico ne’ lacci a cader vegna,
né già gloria è vulgar senza uscir fòra
se nel suo stato si mantien chi regna.
Dona, che vuol fortuna, e spesso ancora
con chi troppo le chiede ella si sdegna;
spesso chi tutto brama anco egualmente
il tutto perde e tardi al fin si pente.

50Or se con l’armi in man non lieve danno
sofferto abbiamo e sangue sparso et oro,
contro i nemici adoprar vo’ l’inganno
son che abbiam forze a guerreggiar con loro,
sin che a sottrarci del presente affanno
venga il perso in soccorso e l’Indo e ’l Moro,
or che su ’l mare contro noi rivolta
quasi ne vien tutta l’Europa accolta.

51Io penso dunque ancor che questo sia
di novello timore indizio aperto
al capitan di quella gente ria
mandar messaggio, in tal uffici esperto,
che primo al mio disegno apra la via
e con finto parlar lo renda certo
ch’io bramo estinguer l’ire, ch’a me piace
chiedere a lui condizion di pace.

52E per meglio formar maturi i patti
domandi a lui che si sospendan l’armi,
e per mostrar ch’a i detti aggiungo i fatti
l’accerti ch’io comincio a disarmarmi,
e che avendo veduti omai disfatti
tutti i miei legni è forza a me ristarmi;
finga ch’in *** a lui lode et onore,
e che l’amo e ch’in pregio ho il suo valore.

53E chin età senile al fine imparo
viver a me medesmo e. da ogni cura
sciolto, non affrettare al fine amaro
il breve corso dell’età futura;
che già il suo nome è glorioso e chiaro,
ch’abbia ne la mia fé fede sicura;
che si ritenga l’acquistate prede
e parte anco del regno a me s’il chiede».

54Così ragiona, e serenando alquanto
il mesto volto soggiungea: «Bimarte,
a te concedo di messaggio il vanto,
ch’adempirai presago ogni tua parte».
«Signor, «rispose «eseguirò ben quanto
a me s’aspetta; ogni consiglio, ogni arte
adoprerò perch’il cristian s’arresti,
e credendo al mio dir deluso resti».

55Sciolto il consiglio il messaggier s’invia
senza in mezzo frapor dimora alcuna,
allor ch’a punto in ciel l’aurora uscia
e nascondea ne’ suoi splendor la luna.
Ma poco avanti ne l’ondosa via
s’inoltra quando il ciel seren s’imbruna,
e nunzio il vento in quella parte e in questa
precorre avanti a la crudel tempesta.

56Ma non però ritorna indietro o lento
ritarda il volo a le spiegate vele
Bimarte audace, ancor che cresca il vento
e mormori fremendo il mar crudele;
naufraghi la sua nave o resti spento
ne l’acque, ei vuole al suo signor fedele
o tra i flutti del mar restare absorto
o, vinto il suo furor, giungere in porto.

57Sovra i monto dell’onde alza la nave
il turbo fier, poi tratto in giù dal pondo
segue il moto dell’acque il legno grave
e sembra già precipitar nel fondo.
Vede vicino il suo morir, né pave
Bimarte, e in volto intrepido e giocondo
dicea: «Deh, più sciogli a tue furie il morso,
Eolo, se affretti al mio viaggio il corso».

58Così spinto or dall’acque ora dal vento
giunse al fin dove Baldovin soggiorna,
e tosto a lui che ad ascoltarlo è intento
parla con voce d’eloquenza adorna:
«Signor ch’al mondo tutto alto spaventi
dove il sol cade e donde poi ritorna
porti col tuo valore in ogni parte,
irreparabil fulmine di Marte,

59se ben col tuo poter quasi disfatte
hai già l’armi e le forze al greco impero,
sì che attonite intorno e stupefatte
restano le provincie e ’l mondo intero,
se ben tante e pur tante ancora hai fatte
stragi di noi, pur come gran guerriero,
fior de gli eroi, ch’in valor tutti eccede,
il mio re t’ama e da te pace chiede.

60Anzi perché di frode ogni sospetto
cessi nel campo e nel tuo cor dubbioso,
e perché altro non rechi a suo difetto
se non ha l’Asia omai pace e riposo,
me con gran fretta ha messaggiero eletto
perché io ti scopra il suo pensiero ascoso,
e t’assicuri che a depor già l’ire
e l’armi insieme ei non ha sol desire,

61ma che già molte schiere ha disarmate
et altre ancora disarmar procura,
e dentro e fuor de la regal cittate,
perché teco far guerra ei più non cura;
sì perché giunto a la cadente etate
sì gran peso soffrir non s’assicura,
sì perché di sua vita in sul confine
brama d’imporre a tante noie il fine.

62Ché già che il pianto dell’umana vita
nell’alba oscura è precursor d’affanni,
giusto a lui par, prima che sia finita,
che cerchi anima saggia uscir d’inganni,
e far on gioia almen l’estrema uscita
e del mal trionfar negli ultimi anni,
godendo l fin da sì crudel tempesta
vedersi in porto nell’età che resta.

63E tanto in questo è il suo pensier ben fermo
che a lui più non sarebbe il vincer caro,
e le palme e gli scettri al braccio infermo
foran pompe noiose e peso amaro.
Spesso dicendo: – In solitario et ermo
campo a fuggir l’ira del cielo imparo,
mirar basso non degna e gli alti monti
fulmina Giove e le superbe fronti -,

64così fra sé discorre e spesso ancora
fa certa fede a’ suoi desiri il pianto,
e ’l più fiero martir che l’addolora
e che tu a guerra il provocasti tanto
sì che a lui gran disnor non uscir fuora
stato sarebbe e a te minore il vanto
quando avesse, qual agna inerme e sola,
aspettato il tuo ferro entro la gola.

65Or se d’amica tregua e poi di pace
vantaggio stimi il rifiutar l’invito,
contro sua voglia l’ancora tenace
e i legni armati scioglierà dal lito;
ma se i preghi non sdegni e se ti piace
fuggir le guerre e ti è il suo amor gradito,
ciò che racquisti infin ad or sia tuo
et avrai parte ancor del regno suo.

66Dunque se hai senno al gran valore eguale,
se ben conosci la volubil sorte,
saprai qual sia nobil trionfo e quale
gloria regnar senza periglio o morte.
Ma se al fin dell’altrui, del proprio male,
vago a’ trionfi tuoi chiuderle porte,
cagion di duolo e di pentirti assai
non dal mio re, da te medesmo avrai».

67Qui chiuse i detto l’orator fallace,
e mirando il gran duce attento e fiso
ripon su ’l labro, che ozioso tace,
de i detti in vece un lusinghevol riso.
Ma il saggio eroe, che dal pensier di pace
ebbe mai sempre il suo pensier diviso,
de le vane ragioni il pondo lieve
non curando, rispose in sermon breve:

68«Se il tuo re m’ama, o messaggier, gradito
m’è l’amor suo, che per tuo mezzo giunge,
ma se di pace inaspettato invito
m’offre, dal nostro il suo pensier va lunge;
e solo in quella parte ove dal lito
partire e dar risposta a chi lo punge
esser pronto dicesti, io gli do laude,
e ciascun mio guerrier concorde applaude».

69Nel cor turbossi il lusinghier Bimarte,
ma ’l duol coprì con simulata fronte.
Pur, richiamato ogni suo spirto, ogni arte,
rispose con sembianze audaci e pronte:
«Or odi: il tutto, non volendo parte,
perdi, e se le preghiere oltraggi et onte
par che tu stimi, forse più gradite
ti saran le minaccie e le ferite.

70Ma non però, già che la pace aborri,
ti sfido a guerra e provocarti or oso;
ben dirò sol ch’al precipizio corri,
di salute nemico e di riposo.
Noi le mura fra tanto e l’alte torri
lascerem disarmate, e se sdegnoso
verrai con l’armi a ritentar la sorte
per incontrarti t’aprirem le porte».

Aronte va di nuovo in missione contro i Franchi (71-87)

71Così dicendo il capo inchina, e modi
pieni d’ossequio in suo partir pur usa,
ma ripensando a sue deluse frodi
or il destino or se medesmo accusa.
E già siede su ’l legno e ferrei nodi
discioglie all’aurea nave, a volar usa,
spiega le vele e in mar placato e lento
prova al ritorno più secondo il vento.

72Giunto a la reggia ivi ritrova il forte
de l’esercito lor duce e sovrano,
seco s’accoppia e per le regie porte
passando stringe al capitan la mano.
Alessio poscia a lui chiedea riporte
tregua o pur guerra dal guerrier cristiano.
Tacea Bimarte con dimessa fronte,
e stupefatto il riguardava Aronte,

73però ch’ei non sapea per qual cagione
neghi sì lento al suo signor risposta,
ma, qual fulmine, il re, ch’acceso tuone
non può tener più l’ira sua nascosta:
«Il tuo tacer de la mia lingua è sprone;»
disse «ov’hai tua facondia oggi riposta?
forse i tuoi spirti a Baldovin lasciasti
o pur la lingua al muto Osman donasti?».

74Fra i rossor di vergogna entro il suo volto
comparve allora un pallido timore,
«Sire, «poi disse «entro il mio cor sepolto
uscir fuori temeva il mio dolore.
Partii dal lido, e ’l mare e ’l cielo involto
subito vidi in tenebroso orrore;
non m’arrestai però, ma quasi absorto
lasciai portarmi a la tempesta in porto.

75Parlai, no impetrai pace né tregua,
e furo al vento i detti sparsi e l’opre,
e certo credo che l’impresa ei segua
se a l’ardore del volto il cor si scopre.
Ma quasi nebbia al sol che si dilegua
repente allor che tutto il mondo copre,
spero il vedrò dell’armi nostre al lampo
sparir fuggendo e lasciar vòto il campo.

76Ché non sempre è fortuna a gli empi amica,
anzi volger la rota ha spesso in uso,
e se pur già mostrossi a te nemica
non però ella in prigion t’ha chiuso.
E in quanto a me, se brami il ver ch’io dica,
spero ch’al fin nel tuo pensier deluso
sotto la man del valoroso Aronte
ben tosto al giogo inchinarà la fronte».

77Sorrise Alessio, e volto al capitano,
«Hai tu «disse «o guerrier, cotanta speme
che già vedesti il vincitor cristiano
dar fuga a te con le tue schiere insieme?».
«Spero, signor, «rispose «e la mia mano,
che te ubbidisce, a’ tuoi timor sol teme,
e se allor cessi, eran già l’ombre, io stanco,
carco di prede e non ne rise il franco.

78Ma se ’l permetti, io ritentar vorrei
doppo non molti dì novella impresa.
L’arco del ciel non sempre influssi rei
vibra, e da lui spesso è virtù difesa.
Pria ch’estinti io rimiri i giorni miei
l’avversa gente o messa in fuga o presa
certo vedrò, se non oblian le spade
lor uso, o questa mia dal fianco cade».

79Così ragiona il capitano audace
al re, ch’assai più teme e meno spera;
pur, come al vento suol commossa face,
sua mente fassi al suo parlar più fiera,
sì che più pronto a ritentar si face
l’armi e ’l valor de la cristiana schiera;
e doppo molto ripensar gl’impone
dar novo assalto, e chi fu freno è sprone.

80Soggiunse poscia: «Rinforzar conviene
con gente assai più numerosa i legni,
e ’l forte stuol che da le ciprie arene
partì, viene opportuno a i miei disegni.
In te dunque è riposta ogni mia speme,
pende dal tuo valor ch’io serva o regni;
vanne, e torna felice, e la vittoria
a me l’Asia conservi, a te la gloria».

81A lui s’inchina e da la reggia parte
Aronte, e baldanzoso il legno ascende
e l’armi cinge e qual novello Marte
d’acciar tutto coperto intorno splende,
e navi aduna e le sue schiere sparte
affretta et altre, che da Cipro attende;
e co i pensier di vana speme gonfi
sogna avanti la pugna i suoi trionfi.

82Ma resta Alessio da fatal timore
punto così che par che agghiacci e treme,
e, benché lieto in volto, ira e dolore
del cor nel centro e varie cure preme.
E spesso acceso ancor d’empio furore
incontro il cielo impaziente freme,
quasi ardisca inalzar nova Babelle
co’ suoi pensieri e far guerra a le stelle.

83Doppo non molti dì, sendo già tutti
pronti gli abeti a la naval tenzone,
di guerrieri pieni e di nocchieri instrutti,
a l fin partirsi il capitan dispone,
e già i suoi duci avanti a sé ridutti
la mente sua con brevi detti espone,
che fra ’l notturno orror tutta l’armata
marci veloce e quanto può celata.

84Era la notte, e la bicorne luna
mostrava a pena il rinascente volto.
Taceano i venti, e sol d’alcuna
nube vedeasi il crin di Cinzia avvolto,
quando, sotto al favor dell’aria bruna,
ebbe dal lido ogni suo legno sciolto
il duce, mosso da speranza vana
d’improviso assalir l’oste cristiana.

85Mentre Aronte così dal tracio lito
temerario sen corre a nova impresa,
e già dal porto con sue navi uscito
nudre alta speme ne la mente accesa,
Baldovin, che da spie già il tutto ha udito,
anche ei l’armata ha sovra l’onde stesa,
e ’l saggio Alteo, che ha già nel cor concetta
certa speranza, a guerreggiar l’affretta.

86«Signor, «diceagli «or che il nemico ha il core
torbido ancor de’ già sofferti affanni,
porti senza arrestarsi il tuo valore,
né sbigottiti omai gli estremi danni,
segui pur la vittoria, e le dimore
tronca, né vano indugio ora t’inganni,
se colpir vuoi la preda armato d’ale
rapido al segno suo vola lo strale.

87Spingi dunque le navi or che seconda
l’aura non sol ma la fortuna spira,
or che di lor gran parte absorta ha l’onda
e de’ vinti il timor ripressa ha l’ira,
or che ne’ tuoi guerrier la speme abbonda
e presagio di palme il Ciel n’ispira,
e ’l mar tranquilli e di procelle sgonfi
par che spiani i suoi flutti a i tuoi trionfi.