Il Foresto
di Gabriello Chiabrera
Edito a buona distanza dalla morte dell’autore (avvenuta nel 1638, mentre la stampa è di quindici anni più tarda), il Foresto racconta in tre canti di endecasillabi sciolti – chiaramente non verosimili sotto il profilo storico ma legati alle leggende sorte intorno ad Attila – dell’assedio di Aquileia da parte degli Unni. A scongiurare la caduta della città interviene Foresto, da cui discenderà la famiglia degli Este, dedicatari del poema.
L’operazione letteraria si presenta dunque come prettamente encomiastica, e si inserisce nel ricco filone cinque-seicentesco del poemetto celebrativo, un sottogenere con cui il testo di Chiabrera ha in comune la lunghezza e le modalità narrative. Nel terzo canto San Pietro illustra a Foresto la gloria che attende la sua discendenza, secondo un classico schema profetico, e ne mette in luce il ruolo che avrà di uccisore di tiranni, topos già cinquecentesco (di cui l’esempio più corposo è l’Ercole di Giraldi) che si ritrova spesso nel panorama del poema rinascimentale e barocco. A conferma dell’affiliazione con le forme canoniche del poemetto celebrativo si ha in conclusione, dopo l’uccisione di Attila da parte di Foresto, un intervento diretto del narratore, che congeda presentandosi come testimone di Euterpe, un elemento di interesse in ottica mariniana.
Bibliografia
- A. Belloni, Gli epigoni della Gerusalemme liberata, Padova, Draghi, 1893, ad indicem.
Opera e sinossi
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- Proemio (1–14). Dio osserva la guerra dall’alto e vede il pericolo per Roma se cade Aquileia (15–49). Megera e Tisifone preparano un manto avvelenato per Menapo re di Aquileia e lo consegnano alla sua consorte (50–242). Menapo muore a causa del manto avvelenato, Elvira muore di dolore (243–419).
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- Tisifone torna agli inferi, decide di intervenire il demone Asmodeo (1–59). Asmodeo sotto mentite spoglie porta in dono ad Ernesto un monile della principessa Agave (60–158). Adrasto vede il monile indosso a Ernesto e lo uccide per gelosia (159–246). Adrasto esce dalla città e si unisce alle forze di Attila (246–364).
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- Dio ordina che Attila sia battuto da Foresto e quindi di risanarlo (1–36). Pietro scende in terra, dopo una sosta nel paradiso terrestre e risana Foresto (37–108). Foresto è portato nell’accampamento unno da Pietro, fa strage immensa di Unni (109–279). Attila viene con lui a duello e muore, e i barbari sono messi in fuga (280–382). Aletto e Megera raccolgono le spoglie del re (383–393). Foresto è accolto festosamente e ringrazia Dio (394–405). Congedo del narratore (406–416).