All’illustrissimo e cortesissimo signore, il signor don Lelio Orsino
Leggendo il Furioso, illustrissimo signore, fra l’altre belle cose di quel raro poema mi piacque in estremo quella gara, per chiamarla così, di cortesia, di gratitudine e d’amorevolezza ch’è nell’ultimo e penultimo canto fra Leone e Ruggiero, e rammentandomi la gran cortesia e gentilezza di Vostra Signoria Illustrissima, mi nacque un desiderio così ardente di celebrar le sue lodi che s’io avessi avuto la conformità delle forze o, per dir meglio, l’ingegno dell’Ariosto, avrei fatto cosa a proposito e conveniente alla nobiltà del soggetto. Pur, non potendo raffrenar tal desiderio, feci queste poche stanze, qual elle si sieno, a divozione di Vostra Signoria Illustrissima, il titolo delle quali nasce da quella notabile lamentazione, o pianto, che fece l’innamorato Ruggiero quando, più tosto che rendersi ingrato al suo amico e benefattor Leone, prese pugna per lui, sott’abito strano, con la sua tanto amata Bradamante; della quale privatosi da se medesimo, prima che viverne senza si ridusse in un bosco per quivi disperato finir la vita.
L’ho poi accompagnate di quelle poche ma bellissime stanze del signor don Scipione de’ Monti, fatte a Vostra Signoria Illustrissima per quel raro atto di cortesia da lei usato verso quel gentiluomo di casa Saraceno liberato di catena. Et appresso quei sette sonetti fatti pur da quella nobil gara nata fra il detto don Scipione e me di lodar Vostra Signoria Illustrissima, e però senza proposito messivi, e che per la quantità e variazione de’ vocaboli sotto le consonanze del primo saranno degni, mi pare, d’esser veduti. Aggradisca Vostra Signoria Illustrissima questo dono, non mirando alla sua qualità, ma alla divozione ch’ella sa ch’è verso di lei nell’animo del donatore, e le bacio mille volte le mani.
Da Napoli, X di settembre, 1582.
Di Vostra Signoria Illustrissima servo affezionatissimo,
Tomaso Costo