Serenissimo Principe, signore e padrone colendissimo,
Il fato, scherzando con regolata diversità di casi, ci mostra ch’egli non opera a caso: Cleopatra da un Cesare fu sollevata, e da un Cesare fu abbattuta; nel mar d’Azio precipitò dal regno, e dall’autorità d’un Azio sarà preservata dall’acqua di Lete; il timore dell’aquila romana vincitrice la costrinse a rimediare alle sue sciagure co’ morsi d’un aspido, e la protezione dell’aquila estense difenderà la sua memoria dal veleno dell’invidia. Giudicherà dunque altri che sia fatale la dedicazione del presente poema a Vostra Altezza, in riguardo del soggetto di cui si tratta, sì com’io stimando avventurosamente fatale il patrocinio estense e conoscendo quant’io debba alla benignità di Vostra Altezza gliele consacro per auspicio di felicità e per obligo di servitù. Compiacciasi Vostra Altezza di gradire questo picciolo tributo della mia divozione, e di favorirlo raccomandato alla sua tutela, poiché la sola inscrizione del glorioso nome di Vostra Altezza basta ad abitar la mia Musa all’immortalità, e ’l solo plauso di lei può autorizzarla nel concetto de gli uomini, ne i quali purgati gli affetti co’ tragici avvenimenti di Cleopatra, agevolmente s’imprimerà l’epopeia delle magnanime azioni di Vostra Altezza, cui supplico a non isdegnare che la leggerezza della mia penna presuma d’adeguare il peso delle mie obbligazioni, poiché ogni benché minima stilla entrando nell’oceano diventa mare. E qui per fine a Vostra Altezza fo umilissima riverenza, e le auguro da Dio Signore il colmo d’ogni prosperità.
Di Vostra Altezza Serenissima,
umilissimo e devotissimo servo,
Girolamo Graziani
Lo stampatore Giacomo Sarzina a i lettori benigni
Fu il presente poema intrapreso dall’autore sin da i primi anni della sua gioventù per compiacere al genio; varie occupazioni lo costrinsero per alcun tempo a tralasciarlo, molte esortazioni de gli amici l’indussero a continuarlo, et egli l’ha finito per esercitar lo stile e per applicarsi con maggior libertà a poesia più grave, la quale egli è sì desideroso di condurre a fine che per non trattenersi ha trascurato di tormentar con la lima molti luoghi che rei di varie negligenze erano anche da lui conosciuti, concedendo egli qualche sonno alla Musa, che dovrà vagheggiare nella tessitura di più lungo e più faticoso componimento.
Sinora egli ha sodisfatto alla sua inclinazione et alle instanze de gli amici, e se non merita lode di ciò che ha composto, almeno non è da biasimare del pensiero che a ciò l’ha mosso. Se ti ricontenterai di condonare gli errori dell’opera alla bontà della sua intenzione, egli, animato dalla tua cortese sofferenza, seguiterà il poema che si è preposto, capace di quella forma eroica che per molti rispetti ha compreso di non poter dare alla Cleopatra. Nella quale assai mancamenti si ritroveranno per la debolezza del suo ingegno, ma non pochi per le difficoltà del soggetto, considerazione che, aggiunta a quella della sua età, che ora è di vinstisette anni, rende forse compatibili, se non scusabili, i difetti communi.
Sei avvertito che l’autore ha molte volte adoperate alcune voci e maniere di dire le quali par che sappiano di gentilità come fato, dea, idolo, adorare e simili, che perciò ti prega a ricordarti ch’egli tratta di persone gentili, e si protesta che scrive da poeta e crede da cattolico, e che la penna s’accomoda all’uso e l’animo è regolato dalla fede. Dichiara insieme false et erronee l’opinioni che son contenute nel canto di Metrodoro, nel sogno di Cleopatra et in altri luoghi somiglianti, avendo essi riferiti cotali pensieri de gli antichi non per confermar la leggerezza della lor dottrina, ma per schernire la vanità de’ lor trova menti.
Vivi felice
All’autore Giacomo Sarzina in riconoscimento di ricevuto beneficio
Qual di Cipro o di Delo eburnea lira
canterà, Graziani, i pregi tuoi?
Qual tromba da gli esperii a i lidi eoi
a celebrar tue glorie audace aspira?
Qual più lucida sfera intorno gira
ch’in perpetua armonia t’esprima a noi?
Qual luce in ciel potrà co i raggi suoi
esprimer te, ch’ogn’altro ingegno ammira?
Ma forse può laudarti il Cielo, in cui
son de le stelle i chiari lumi impressi,
per illustrare i regni oscuri e bui.
Se quali astri vivaci in me potessi
celesti grazie avere, i merti tui
forse al mondo potrei lasciare espressi.