Il Mondo Nuovo
di Guid’Ubaldo Benamati
Edito in edizione parziale nel 1622 per i tipi di Viotti (casa editrice dal prestigioso curriculum eroico, che annovera la prima edizione della Gerusalemme liberata ma anche testi di interesse municipale, come quelli di Sanvitali), il Mondo Nuovo affonda le proprie radici in un terreno fertile per l’epica colombiana: è a Parma (in asse con Roma) che si sviluppa il cuore della meditazione sul tema «americano», tra le posizioni contrastanti di Stigliani e Tassoni (estremi di una dialettica irrisolvibile, e irrisolta fino a Graziani), e i primi risultati di un certo rilievo, con il Mondo Nuovo del materano uscito nel 1617 e in grado di suscitare una discussione di non poco conto.
Nel frammento di Benamati viene raccontata la romanzesca ricerca di Colombo di un armatore per la missione e l’accoglienza ricevuta dal genovese alla corte di Spagna; qui il suo progetto di scoperta è accettato ed egli è eletto capitano, dopo un concilio divino e l’invio di un angelo in sogno alla regina Isabella che indirizza la decisione dei regnanti.
Il testo è incompleto ma già dalla dimensione di questo prologo, che si conclude al canto III con la canonica rassegna, si possono intravedere le linee di un progetto ambizioso, perlomeno sulla carta, e che doveva assestarsi su misure canoniche per l’epica cinque e seicentesca. In disaccordo con le posizioni di Tassoni – che nello stesso anno mandava alle stampe il primo (nonché unico) canto del suo Oceano corredato dalla piccante Lettera ad un amico sopra la materia del mondo nuovo – il poema sembra preludere a uno scioglimento bellico dell’azione: l’Ammiraglio parte con una nutrita schiera d’armati per quella che si configura come una guerra di conquista. Trova ampio spazio, come peraltro auspicabile dal taglio del volume (una miscellanea che contiene anche i primi tre canti della Vittoria navale, un’incompiutezza che è indizio di un’esigenza celebrativa, oltre che poetica), l’encomio della committenza: in modo irrealistico è un antenato dei Farnese, Ranuccio, a guidare la schiera dei cavalieri erranti.
Opera e sinossi
stampa TEI lite criteri di trascrizione
- Libro I per vedere le sinossi clicca su Opera e sinossi
- Proemio (1–4). Colombo dopo aver dedotto l’esistenza di un nuovo mondo cerca senza successo un armatore, una tempesta infernale lo allontana dalla Spagna e lo spinge verso la Numidia (5–10). Colombo si allontana dai suoi marinai, trova una tabella su un albero che gli indica la via per la dimora di Cerfilda: vi si reca, ma prima deve attraversare un bosco e una erta grotta (11–23,4). Giunge a un giardino meraviglioso e di lì al palazzo (23,5–32,4). Incontro con Cerfilda, che narra la propria vicenda (32,5–46). Cerfilda, sapendo del progetto di Colombo, gli mostra un arazzo su cui è raffigurato il mappamondo e gli predice il successo della sua impresa (47–60,6). Colombo torna alla nave, raggiunge la Spagna e si dirige a Granada, dove Ferdinando ha posto l’assedio alla città: viene introdotto al re e gli espone il suo progetto(60,7–81).
- Libro II per vedere le sinossi clicca su Opera e sinossi
- Dalla propria magione Dio vede le difficoltà di Colombo, che lo prega perché gli dia aiuto nel convincere Ferrando (1–11). Dio convoca il concilio divino, di cui sono elencati i senatori (12–31). Dio guardando alcuni seggi vuoti ricorda la caduta di Satana (32–43). Quindi profetizza la prossima scoperta dell’America, e mostra nel libro del Fato ciò che Colombo dovrà affrontare (44–52). Dio manda il Tempo in terra, costui vede che Colombo sta per partire alla volta della Francia, affretta dunque la Notte perché sorga e faciliti il compito dell’Angelo protettore (53–65,2). L’Angelo protettore esorta in sogno Isabella ad accettare le richieste di Colombo (65,3–74). Isabella ne parla con Ferrando, viene inviato un messo a Colombo, che torna a corte e ferma gli accordi con Isabella (75–86).
- Libro III per vedere le sinossi clicca su Opera e sinossi
- La Fama ha diffuso la notizia della partenza di Colombo, molti avventurieri sono giunti in Spagna (1–8,4). A primavera Colombo decide di partire, prima passa in rassegna le truppe davanti al re (8,5–81). Ferrando consegna lo scettro del comando a Colombo, e una spada a Ranuccio Farnese, capo degli avventurieri (82–88,2). L’armata salpa e giunge alle Canarie (88,3–100).