Alla serenissima madama Cristiana di Lorrena e granduchessa di Toscana
Sono stata non pochi giorni, serenissima signora, fra me stessa e dubbiosa e sospesa s’io dovea dedicare a Vostra Altezza Serenissima alcune mie fatiche. Mi costringevano varie ragioni a ritirarmi da così onorato e nobile proponimento, ma particolarmente la bassezza e debolezza dell’ingegno mio nel cantare e ispiegare soggetti così alti e sublimi da esser poi rappresentati ad una tanta altezza, che impera e signoreggia provincie e cittadi ove nascono e sono nati divinissimi e nobilissimi poeti. M’invitava poi, et a ciò m’inanimava, la natura affabile e cortese di lei (in questo imitatrice, sì come ogni operazione eroica, di Ferdinando, quel grande che nominando inchino), la quale non isdegnò mai dono, ancorché picciolo, da riverente mano offerto, perciò che ella non considera con occhio schivo se il dono è conveniente alla potenza et alle eccellenze sue reggie, ma si appaga del potere e della prontezza della persona donatrice.
Avendo io adunque da questo preso ardimento, e dal soggetto religioso e divino ch’in queste carte io spiego, dedico e consacro a Vostra Altezza Serenissima la Vita del serafico S. Francesco da me ridotta in ottava rima, et un discorso del Rivolgimento dell’uomo al Dator d’ogni bene, le quali due operette saranno da lei, come è suo costume, con lieta e serena fronte accolte.
Et io a voi, invittissima e gloriosissima signora, faccio umilmente riverenza.
Di Vinegia, alli 23 di ottobre 1597.
Di Vostra Altezza Serenissima devotissima serva,
Lucrezia Marinella
SONETTO DEL CARISSIMO SIGNOR ORSATTO GIUSTINIANO ALLA MAGNIFICA SIGNORA LUCREZIA MARINELLA
Vegga ciascun questa verace e santa
istoria, di colui ch’ebbe in se stesso
da le piaghe di Cristo il corpo impresso,
ne la vigna di Dio feconda pianta.
Qui l’umil vita sua celebra e canta
vergine bella, onor del proprio sesso,
in sì leggiadro stil ch’andarle presso
pochi o null’altro ancor si pregia e vanta.
Vedesi qui com’il celeste regno
vero servo di Dio cerchi e procuri,
povero e scalzo in solitaria parte,
e come di Lucrezia il chiaro ingegno
scopra in sì verde età frutti maturi
di prudenza e valor, di senno e d’arte.
SONETTO DELL’ECCELLENTISSIMO SIGNOR BONCIO LEONI ALLA MEDESIMA
Del serafico eroe gli affetti ardenti
l’acceso cor, l’immensa fé, la pieta,
cui, sciogliendo a natura e leggi e meta,
impresse Dio suoi fregi almi e lucenti,
gli odi e le guerre u’ le tartaree genti
fur dome, ove ʼl poter loro non vieta,
ch’in disaggi e ʼn digiuni egli non mieta
alte vittorie in monti orridi, algenti,
non di Corinna o Saffo a vaga cetra
o di Erinna o di Polla in vario metro
s’odon cantar o risonar ne l’etra,
ma da voi, pia Sirena, ond’oggi impetra
il chiarissimo d’Adria molle vetro
luce ed accenti non più intesi a dietro.