Anversa conquistata
di Fortuniano Sanvitali
Dedicata al cardinale Odoardo Farnese, l’Anversa conquistata (Parma, Viotto, 1609) racconta in cinque libri in endecasillabi sciolti le imprese e l’entrata trionfale di Alessandro Farnese nell’assedio di Anversa (1584-1585). L’opera fu cominciata durante l’esilio e pubblicata in seguito alla revoca della pena di morte impostagli da parte delle autorità di Parma. La vena encomiastica è costante: benché il poema sia presentato come un panegirico della famiglia Farnese, i versi sono dedicati innanzitutto all’immagine di Alessandro, generale esemplare e di dignità imperiale, all’avanguardia in ambito militare e clemente verso gli anversani arresi. In bilico tra storiografia contemporanea e narrazione eroica, il poema testimonia l’atteggiamento eclettico dell’autore nei confronti delle fonti e dei modelli: un richiamo esplicito va all’Italia liberata di Giovan Giorgio Trissino e all’auctoritas omerica, mentre la Gerusalemme liberata è, nonostante un’apparente presa di distanza a livello della poetica, presente in filigrana. La vicinanza a fonti non poetiche quali l’Assedio et racquisto d’Anversa di Cesare Campana conferisce al testo un notevole respiro pseudo-storico e un’attenzione marcata per le innovazioni tecniche contemporanee.
Bibliografia
- E. Grootveld, N. Lamal, Impious Heretics or Simple Birds? Alexander Farnese and Dutch Rebels in Post-Tassian Italian Poems, in «Quaderni d’Italianistica», 35/2 (2014), pp. 63-98.
- A. Metlica, T. Artico, “Ond’altrui guerreggiare ancora insegna”. Alessandro Farnese e la presa di Anversa (1585) nella letteratura italiana, in «Filologia e Critica» (i.c.s.).
- F. Salsano, Fortuniano Sanvitale, in «Studi Secenteschi», V (1964), pp. 69-92.
- P. Bonardi, Vita ed opere di Fortuniano Sanvitale (1564-1626), in «Archivio Storico Province Parmensi», XXVII (1975), pp. 261-318 : 277-278.
Opera e sinossi
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- Proemio (1–12). Farnese riceve in sogno il suo avo Carlo V, che lo esorta a riprendere la guerra (13–46). Farnese arringa il suo consiglio di guerra e lo sprona a combattere (47–113). Rassegna dell’esercito spagnolo (114–163). Gli Spagnoli arrivano alle porte di Anversa e sistemano gli alloggiamenti (164–212). Gli assediati rompono le dighe intorno alla città e allagano la campagna: si viene a battaglia navale (213–269). Preparativi degli Anversani per far battaglia sullo Schelda (270–301).
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- Farnese fa costruire un canale e un ponte di barche sullo Schelda (1–74). Plutone convoca i suoi demoni e gli impone di distruggere le opere spagnole (75–119). Aletto invasa Aldegonda spronandolo alla difesa a oltranza (120–158). Aldegonda sprona gli Anversani a resistere (159–217). Gli Anversani lanciano navi incendiarie contro il ponte di barche (218–295). L’Angelo custode salva Farnese dallo scoppio, poi il comandante parmense impedisce la rotta dei suoi (296–347).
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- Farnese fa seppellire i morti e ordina si tagli della legna per rifare il ponte (1–21). Dio, su preghiera di Farnese, scaccia e demoni dal bosco e consente il taglio degli alberi (22–69). Gli spagnoli vincono una sanguinosa battaglia (70–241). Farnese rende grazie a Dio e prende riposo (242–261). Aldegonda tenta un’ultima sortita con una nave poderosa ma fallisce (262–368).
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- Pareri discordanti tra giovani e vecchi in città: prevale il partito della pace (1–187). L’ambasciata degli Anversani richiede la pace al Farnese (188–249). Farnese accetta la proposta di pace e banchetta con i generali (250–361). Un musico allieta il banchetto cantando delle imprese di Carlo V (362–346).
- Libro V per vedere le sinossi clicca su Opera e sinossi
- Gli Anversani portano dei doni al Farnese: su un arazzo è raffigurata la battaglia di Lepanto (1–127). In città la gente esulta per la pace ottenuta (128–151). Farnese entra nella città, trova vari apparati celebrativi: un arco di trionfo, vari obelischi, un ciclo di statue (152–255). Altri apparati celebrativi: una statua del gigante Druone e una colonna istoriata con le imprese di Farnese in Fiandra e dei suoi avi (256–378). Farnese ringrazia Dio e prende saggi provvedimenti (379–426). Il poeta congeda il poema e chiede al destinatario di serbarlo al tempo edace (426–440).