ARGOMENTO
Vien fatto il ponte e da’ nemici è rotto.
Farnese fa costruire un canale e un ponte di barche sullo Schelda (1-74)Mentre tiensi sicuro il Belga insano
entro le mura, et ha ben mille navi
che son possenti a sostener la guerra
contro al Farnese. Egli procura intanto
5di condur l’opra incominciata al fine:
poiché l’usar l’aperta forza è tolto
al duce contro a la possente Anversa,
ché i suoi campi allagati d’ogn’intorno
vietan d’appresso l’assalir con l’armi
10l’alte sue ben munite e grosse mura,
industria militare usar propone
di far nascer con arte un novo fiume
per condurvi materia in copia molta
atta a formare il dissegnato ponte,
15chiudendo il passo a i collegati pini
che ad Anversa potean porger soccorso.
Tal fu di Mario la famosa fossa
ch’ei del Rodano fece a’ suoi soldati
condurre al mar, ond’assediato essendo
20l’astuto capitan con tale ingegno
ebbe vitto e vittoria ad onta altrui.
In testimon di quello amor che ’l prence
porta a Parma fedele, in cui la reggia
tengono i serenissimi Farnesi,
25di Parma il nome al novo fiume impose,
che di Parma il bel nome ancora serba
e lo terrà finché la Fiandra sia.
Ma come prima a lor talento ponno
le nove onde portare arbori e navi,
30dier principio al gran ponte. Le più strette
rive del vasto e del profondo Scalde
serran di legni fabricate moli,
né tempo si tralascia o notte o giorno
da i soleciti fabri, che, trovato
35l’imo fondo, ove men rapido il fiume
se ’n corra e meno irato ingorghi l’acque
salate, e ’n su l’arena il suol fangoso
più si rassodi et affidar vi possa
sicuramente le sue squadre armate
40il saggio duce, il qual, quivi presente,
solecita ciascuno a l’opra intorno,
né perdona a i soldati e gli affatica,
né men di loro ei s’affatica e suda.
Del fiume l’ampio letto è chi restringe,
45s’assicuran le sponde co i ripari,
ma nel mezzo, ove l’acqua è più profonda
e più corre e le forze ha più possenti,
fannosi attraversar le barche addotte
per la picciola Parma a l’ampio Scalde.
50Queste ferrea catena insieme annoda
e ritengon ben ferme ancore spesse:
così la mole fabricata stassi
su cento e cento collegate navi,
e sovra i legni grandi insieme uniti
55i dotti fabbri, come lor fu imposto,
un ponte fan con sì mirabil arte
che lega de lo Scalde ambe le rive,
sopra cui si può gir vagando e sotto
mirar l’acque ondeggianti e i flutti alteri
60schernir, qualor se ’n van superbi e gonfi
al vicin mar che li raccoglie in grembo.
Così aggiunse del Tebro ambe le sponde
il nemico di Silla, e sovra il Reno
con simil varco agevolassi il corso
65chi la fama spennò del gran Pompeo.
Scorre per l’ossa un freddo orrore al belga,
quel che ancor non provò, né credea forse
e la smarrita terra o vede o pure
le par d’aver la morte a gli occhi avanti,
70né scorge ove ricorri o chieggia aita.
Chiuso è quel passo onde l’altrui soccorso
venir solea, mira i vicini aiuti
tolti di Gante, e popolo infinito
in sé rinchiude che discorde freme.
Plutone convoca i suoi demoni e gli impone di distruggere le opere spagnole (75-119)75Ma s’umano poter parea già privo
d’ogni poter, a l’infernali menti
non mancava l’ardir, che de gli abissi
l’iniquo re, scorgendo co ’l pensiero
timidi starsi entro le mura i Belgi,
80gli abitatori a sé del negro Averno,
de la fierezza sua ministri crudi,
chiama co ’l suon de la tartarea tromba.
Appaion tosto, ed ei su ’l regio trono
con voce rauca fieramente intuona:
85«Consorti miei, che meco il vostro ardire
opraste incontro Lui che ’l mondo e ’l Cielo
e noi, pur il dirò, discioglie e lega,
or or siate colà dove lo Scalde
bagna la ricca Anversa, in cui si serra
90popolo grande al nostro nume amico,
e quanto è in voi di forza e di consiglio
unite, e tutto a sue difese oprate.
È chiuso il varco, non fia più chi porti
le vettovaglie a l’assediate genti
95se ’l vostro senno, il vostro alto valore
non lo sottragge a sì dubbioso stato.
Itene dunque, o miei fedeli, e sia
di voi chi ’l ponte di novello ordigno
fatto disfaccia de’ suoi fabri ad onta.
100Altri di mantener prendasi cura
de l’instabile plebe il pensier fermo
co ’l consiglio de i grandi e riveriti
da lei, ond’ella a patteggiar non corra
co ’l nimico o s’arenda; il che, se fosse,
105non sol colà sarebbe il nostro culto
negletto e vile ma, dopo non molto,
ben io ’l preveggio di lontano, ahi lasso,
l’Olanda e la Zelanda e, quel ch’è peggio
e di perdita ancora assai più grave,
110l’isola vasta a l’oceano in grembo,
là dove su ’l Tamigi un regno abbiamo,
fariansi fide e tributarie e serve
di Lui che pur fra duo animai su ’l fieno
nascendo, il fien per culla e rozzi panni
115ebbe per fasce. Ed io, io che dal Cielo
vegno, rimarrò qui d’imperio privo?
Ma no ’l consenta, o miei diletti e forze,
il vostro invitto ardir, il saper vostro,
in cui la mia grandezza ecco ripongo».
Aletto invasa Aldegonda spronandolo alla difesa a oltranza (120-158)120Ciò detto a pena, di sotterra tutti
sorgon volando, qual saetta suole
d’arco sirio o circasso uscir sovente,
o quai fuor de l’eolide caverne,
se lor disserra la prigion profonda
125il regio impero, escon veloci i venti.
Spiegano invêr la terra i negri vanni
che altera in su lo Scalde alza la fronte,
e par che ’l ciel superba a guerra sfidi.
Ma quel orgoglio, ond’a Babelle uguale
130far si poteva, a la novella amara
che Bruscelle fedele erasi reso
e ’n poter de gli Ispani, a un tempo cadde,
et avria preso d’umiltà sembianza,
se di speme e d’ardir non riempiva
135a gli Anversani l’Aldegonda i cori.
Questi era allor de l’assediate genti
duce e d’Anversa sostenea l’impero.
Timorosi volean tutti più tosto
temer lo scettro che provar la spada
140del fatal duce di Bellona figlio.
Avea col nero suo mille vaghezze
tolto del giorno omai la notte oscura,
ogni animal qual fra le selve e i boschi,
qual su le frondi e qual su l’erba steso
145prendea riposo, ma tu sol non dormi,
console vigilante, in cure involto
rivolgi nel tuo cor più d’un pensiero.
Aletto nequitiosa, de le dire
una furia e de i danni e de le guerre
150e discordie e rapine e tradimenti,
e d’ogn’opra crudel cruda ministra,
de’ suoi viperei crini a l’Aldegonda
aventò un serpe, che gli giunse al core;
poi veloce partissi, qual uom suole
155che a bellico tormento o ruvinosa
occulta mina il foco audace apprenda.
Tosto in un mar di cure il veglio ondeggia,
di più cose ha timor, di poche ha speme.
Aldegonda sprona gli Anversani a resistere (159-217)Tosto che dal balcon celeste il volto
160scoperse a l’Oriente e i bei crin d’oro
la messaggiera del più chiaro lume,
impaciente già d’ogni dimora
salta dal letto, e tacito e pensoso
fra sé discorre con qual arte affreni
165l’insana plebe. Al fin, di mille a questo
pensier s’appiglia, e con sereno volto
celando pur sotto contrario manto
del periglioso irreparabil danno
il timore e la morte omai presente
170minaccianti a la terra, in sé discorde,
impone al popol suo che si raccolga
nel solito palazzo, al loco usato,
ove trattar si de’ quando fa d’uopo,
de le leggi e de l’ami in pace e ’n guerra,
175poscia la lingua in questi accenti scioglie:
«Se quella libertà gradita e cara
già conservata da i grand’avi vostri,
se ’l natural amor di render salve
le dote con l’onor, le donne, i figli,
180non mi fesser sicur de i vostri cori,
e che voi foste, o generosi Belgi,
per sottrar l’alme invitte a vil pensiero
di patteggiare con gli Ispani avversi,
che braman solo il giogo al collo imporne,
185avrei forse a temer non già che in tutti
ma che in alcun fosse pensiero occulto
do convenir con gente avida solo
di succiar da le vene il nostro sangue,
e quel che già deliberammo insieme
190e che ne i vostri petti ebbe radice,
che nova occasion, novo timore
di spaventose machine o di fune,
dure a patir da i non avvezzi in guerra,
sveller indi potesse in uno istante.
195Ma già pensar non vo’ che voi crediate
che danno ei sia minore ad uomo sciolto
menar in servitù spiacente i giorni
ch’una volta per sempre avendo scosso
il giogo de gli Ispani, ahi troppo duro,
200conservar fino a l’ultimo di vita
la bella libertate, in cui si vive
sol vera vita. E per destar nel seno,
anzi per confermar valore e fede,
proprie doti di voi, gli essempi altrui
205vi faccian cauti, e per valor, per fede
vi sia la patria e ’l dir, che Belgi siete
sempre guerrieri gloriosi invitti.
E se ciò non vi move, almen vi pieghi
anzi spaventi il duro essempio altrui,
210che per esser del sole assai più chiaro
e noto al mondo or no ’l ridico a voi».
Il parlar d’Aldegonda accorto e terso
tanto puoté ne gli animi incostanti
di quelle genti che cangiàr consiglio,
215né più a lungo lasciàr ch’ei seguitasse,
ma di nuovo affermaro il giuramento
di pace non trattar co ’l roman duce.
Gli Anversani lanciano navi incendiarie contro il ponte di barche (218-295)Mentr’era tutto l’Anversano intento
a mantener le dubbie menti in fede,
220stavasi in altra parte un novo Epeo
accinto a ritrovar come ruvini
e squarcie il ponte, e liberi ad un tratto
del duro intoppo la rinchiusa terra.
In così gran pensier lo sopraviene
225de le bolgie d’Inferno un empio spirto,
ch’in mille modi al furioso core
irresoluto mille volte forma
machina orrenda, e l’opra fu di mano
pur di fato infernal, ché non potea
230umano ingegno esser sì crudo e scaltro.
Musa, tu dimmi quai fosser le navi
in cui ripose il popolo ogni speme
di liberarsi dal nemico ponte
e di sottrarsi a duro e lungo assedio.
235Pensa il fabro e ne l’animo rivolge
in un momento or questo or quello ordigno;
dopo vari pensieri ei si risolve
e ne la mente orrenda mole imprime.
Come mostrolla a lui lo spirto ei corse
240ad ispiegarla a l’Aldegonda tale,
che subito l’approva e loda, e doni
porge al crudo inventor, che ponsi a l’opra
e ne tesse tal machina che sembra
tartareo mostro, e cosa orribil trova
245maggior d’ogn’arte umana e d’ogni male.
Spoglia de’ suoi corredi e di remigi
tre forti navi di capace seno,
cui sopra egli ripon machine cave
c’hanno entro il foco. A queste sassi aggiunge
250e di mura le cinge intorno e copre
poi di gran marmi, che fur tetti e tombe
a’ morti padri di quei Belgi alteri.
Per entro, ove riman lo spazio, ei pone
zolfo a nitro congiunto, ond’apra il foco
255cui materia di stoppa a quelli amico
nutre, ed a poco a poco va crescendo
fin ch’ei ne giunge al destinato segno.
Costui le navi sì conteste al fiume
espone, a cui l’onda è nocchiero e remo;
260ma sotto l’ali sue la notte oscura
le nove insidie al fedel campo asconde,
di cui parte del ponte ha la difesa.
Qual suol l’Adige ondoso addur da gli alti
monti per l’acque annose selve incise,
265tai quei legni a seconda a mano a mano
vedi portarne co ’l reflusso il fiume,
et ecco appaion già lontani al ponte
dove gli dirizzò Dedalo industre.
Perché legni minor con faci accese
270faceano scorta a le fallaci navi,
de la fiamminga frode è ’l duce ignaro,
ma certo tiene che l’armata sia
d’Anversa uscita, talché «A l’armi» grida,
come provido duce; «A l’armi, a l’armi»
275gridano anch’essi i capitan minori.
Miri di qua, di là correr le schiere
per lo ponte d’acciar, di maglia armate,
con intrepido cor, presente il prence,
il qual scorgendo de le navi intanto
280insididatrici due scoppiate a vuoto,
schernendo quei fallaci empi dissegni
de gli Anversani a rimirar fermossi.
Poi l’altro legno, che venia pian piano
a ritrovare, a ruvinare il ponte,
285l’occulta stoppa e gli aridi fomenti
e la pece e la polve allora il foco
gli aveano dentro al cavo ventre acceso,
che giunta quivi al destinato segno,
tutta ad un tempo s’apre la gran mole
290e lancia fulminante e sassi e ferri.
Qual impeto sì altier, qual sia rimbombo
simil non so trovar, né giù dal cielo
sì ruvinoso e strepitante scende
il folgore fra noi: bombo d’Inferno
295al rimbombo d’Inferno è solo eguale.
L’Angelo custode salva Farnese dallo scoppio, poi il comandante parmense impedisce la rotta dei suoi (296-347)È fama che celeste spirto amico
del pio Alessandro gli porgesse aita;
a te, Maria, sua moglie, ascritta ha l’opra,
ché, stando in Ciel davanti a Dio, scorgevi
300in lui mirando il suo mortal periglio,
e rivolta al Signor, che mai non niega
grazia veruna de’ suoi servi a i prieghi,
con le ginocchia de la mente inchine
pregasti che ’l Farnese, il tuo consorte,
305campasse dal furore e dal periglio
che apportava a le genti il legno infranto.
Ma non sì tosto i suoi divoti prieghi
s’appresentaro a Lui ch’ebbero effetto.
Qui l’Angelo di Dio da prima scielto
310a la custodia de l’invitto eroe
con lo scudo il coperse adamantino,
con cui diffender suole il Padre eterno
le città, le provincie, i giusti regi,
e lo diffese e lo sottrasse a morte.
315Mentre su ’l ponte gran tempesta e densa
di sassi piove e d’infocati globi,
il fiume al ciel s’inalza in parti cento,
la catena si rompe, il ponte ed ecco
si frange e cade e da tre lati appare,
320vista crudele, egli cadendo ingorga
il fiume, il foco ardente alluma e strugge,
il fumo oscura il foco, onde sì fiero
obietto si togliesse a gli occhi altrui.
Ma vano fu lo sforzo, e ogni argomento,
325che si vedeano altri dal foco a volo
portati in aria, altri cader ne l’acque
o morti o semivivi o morienti.
Partiti eran da Lillo a piene vele
le navi de i nemici in due gran schiere,
330che quivi de le barche il fier successo
attendevano sol per dar soccorso
a la cittate e danneggiar gli Iberi
da la parte del mar. Come d’Anversa
stavano i legni a tant’impresa accinti,
335sentito il gran rimbombo e visto il fumo,
che oscurò il cielo e fe’ tremare i lidi,
mossesi il Belga a far macello e strage.
E forse avea l’empio dissegno effetto
se ’l saggio capitan con militare
340e pronto aviso non facea che lumi
accesi e spessi fossero divisi
su ’l rotto ponte, i quai vegendo, i Belgi
credetero, ingannati da tal arte,
che illesa la Steccata e integra fosse
345(così diceasi quel famoso ponte),
quinci indietro tornàr, di vano sdegno,
di vergogna, di duol colmi e di rabbia.