Il Boemondo, overo Antiochia difesa

di Giovan Leone Sempronio

Edito postumo nel 1651, il Boemondo fu da subito riconosciuto come l’opera più importante della tradizione eroica postassiana, al pari del Conquisto di Granata di Graziani, stampato l’anno precedente (un testo con cui molto condivide oltre la fama). Ed è davvero un poema degno di stare nel novero dei migliori esemplari di narrativa seicenteschi, perché mostra un’imitazione problematizzante del modello tassiano, i cui nodi politici ed encomiastici vengono riletti in chiave seicentesca, e il cui stile viene sottoposto a un incrocio non banale con la corrente marinista, un filone particolarmente caro all’autore come testimonia la sua esperienza lirica.
Nei suoi venti canti, misura ovviamente ponderata sulle orme dell’archetipo tassiano, si narra la difesa di Antiochia dall’assedio di Corbano, Ataberg di Mossul, deciso a vendicare la caduta della città e la morte del re Cassano, padre di Erminia. La vittoria dei crociati, fondamentale per il seguito dell’impresa, arriva solo al termine di una lunga serie di sciagure e digressioni degli aeroi principali, risolte in una feroce battaglia campale che libera la città dall’assedio e apre le porte al compimento della santa impresa.

Bibliografia

  • D. Foltran, Per un ciclo tassiano. Imitazione, invenzione e ‘correzione’ in quattro proposte epiche fra Cinque e Seicento, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2005, pp. 187-221.
  • T. Artico, Un imperfetto capitano nell’epica barocca: il Boemondo di G. L. Sempronio come antitesi di Goffredo, in «Acta Iassyensia Comparationis», 15 (2015), pp. 31-40.

Opera e sinossi

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