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Il Boemondo, overo Antiochia difesa

di Giovan Leone Sempronio

Canto VI

testo e note a cura di T. Artico | criteri di trascrizione
ultimo agg. 3.04.15 8:19

ARGOMENTO
Come seguì per man di Pirro indegno
d’Antiochia real l’alta rapina
del vecchio re, del figlio e del gran regno
la caduta, l’eccidio e la ruina,
con pianto di dolor misto e di sdegno
racconta l’afflittissima reina.
Corban l’ascolta e con turbata faccia
strage al popol cristian giura e minaccia.

La regina di Antiochia racconta a Corbano e ai capitani la presa della città: Pirro, traditore cristiano, propone di fare una sortita notturna con trenta suoi uomini per mettere in fuga i cristiani

1Tacquero tutti ad ascoltarla intenti,
né fur tra loro anche i respiri uditi,
ed ella: «Alto tenor d’aspri accidenti,
principe invitto, a raccontar m’inviti,
come restàr da le cristiane genti
vinte le nostre e come noi traditi,
istoria miserabile di cui
gran parte io vidi, anzi gran parte io fui.

2Ma se tant’ami ch’io pur t’apra il velo
de la nemica mia dura fortuna,
ch’a rimembrarla sol d’orrido gelo
tutto m’ingombra il cor nube importuna,
comincerò. Già nove corsi in cielo
compiuti avea la rinascente luna,
e stanchi omai dal lungo assedio e rotti
passiam miseri i dì, meste le notti.

3Ne la sala real quindi a consiglio
i minor duci il gran Cassano appella,
gli siedo a lato, e ’l mio diletto figlio
meco gli assiste, e seco Erminia anch’ella.
V’accorron tutti, e del vicin periglio
se tu non giungi ogni un fra sé favella,
sì che a vicenda in ogni dubbio core
avanzando si va speme e timore.

4Pirro tra questi, in Antiochia nato,
se ’n viene anch’egli, un cavalier cristiano
scaltro così ch’a tutti noi celato
sempre si stesse e ’l credevam pagano.
Cotanto in armi al vecchio re fu grato
che duce d’una squadra e capitano
non solo il fe’, ma de l’eccelse mura
gli diede ancor gelosa torre in cura.

5Il traditor, che non mostrava in fronte
ciò che sepolto entro il pensier chiudea,
ma con lusinghe allettatrici e pronte
duo cori in sen, due lingue in bocca avea,
tessendo a noi quelle medesim’onte
che pianger tanto in nostro pro parea,
mentre in lui tutte eran le ciglia affisse,
rubella a l’alma alzò la voce e disse:

6- Sarà pur ver ch’ad Antiochia intorno
tutto in assedio il cristianesmo unito,
espugnatala al fin, faccia ritorno
trionfante in Europa et impunito?
vedrà Soria, con nostro danno e scorno,
mostrarsi altrui le sue ruine a dito?
e diverran le saracine spade
famosa infamia a la futura etade?

7Giuroti, o re, che se tardar cotanto
stimato avessi il persiano aiuto,
e la mesta caduta essere intanto
de la mia patria a rimirar tenuto,
o volto a l’or con memorabil vanto
contra il mio sen rigido ferro acuto,
o per fuggir spettacoli sì rei
tratto in esiglio io me medesmo avrei.

8Non sanguinosa ancor fuor de le porte
abbiam la guerra, e se da noi cacciata
quindi non è con man temuta e forte
dentro in breve l’avrem dura e spietata.
Ma s’a me lice usar de la mia sorte
e s’oggi a voi la mia proposta è grata,
vinto e fugato ogni cristian guerriero,
trar noi d’assedio e lor di vita io spero.

9Varcar l’Oronte a l’or che muto e cieco
più stassi il mondo e penetrar nel chiuso
vo’ de le tende, e che sol vengan meco
trenta guerrier miei bramo a tal uso.
O i teschi io qui di quegli eroi ti reco
o di lasciarvi il mio nulla ricuso,
né a tanta impresa io per me stesso anelo,
l’inspira il fato e mi vi spinge il Cielo -.

10Queste egli fece al buon Cassan rivolto
alte proposte, e ’l re con gioia udille:
gli applause, l’abbracciò, gli affisse al volto,
credulo troppo, e mille baci e mille.
Poi per le ciglia il lieto cor disciolto
nel caldo umor d’alcune poche stille,
a le finte parole e generose
per soverchio piacer pianse, e rispose:

11- Vanne felice, e ’l Ciel benigno arrida
a sì bel vanto et a pensier sì degno.
Ei che sol te l’inspira, ei che t’è guida
doni forza a la man, luce a l’ingegno,
Da te pende, in te spera, in te confida
questo cor, questa patria e questo regno,
e per tue mani oggi Antiochia aspetta
vittoria, libertà, pace e vendetta -.

12- Andrò, liberarò (l’empio riprese)
l’oppresse mura, e se la sorte amica
oggi m’è pur, qual ne l’andate imprese,
spero in fuga veder l’oste nemica.
Vendicarò l’antiochene offese
senza nulla curar rischio o fatica;
no no, signor, non n’avrai danno o scorno,
o non ritorno o vincitor ritorno -.

13Qui ciascun altro anche l’abbraccia e gode
de la grand’opra, a cui quel reo si spinge,
ed ei si parte, e la pensata frode
già baldanzoso ad esequir s’accinge.
Sol niega a lui la non devuta lode,
a lui che menzogner simula e finge,
e ’l condanna d’audacia e gli s’oppone
chiaro per senno il palestin Solone.

Il consigliere Solone sconfessa i piani fraudolenti di Pirro, ma un fulmine lo incenerisce

14Giovine ancor, dal mio gentil consorte
fu pria costui per suo ministro eletto,
indi cotanto avantaggiossi in corte
che un oracolo parve ogni suo detto,
ed or, che in larga pioggia avvien che porte
canuta barba e maestosa al petto,
co ’l curvo tergo e col tremante piede
vie più sempre s’acquista amore e fede.

15- Sire, qual cieco error sì rei pensieri –
grida il buon vecchio – a secondar t’invita?
Vantò l’altier con pochi suoi guerrieri
a i cristiani eroi toglier la vita,
e vi fu chi gli applause? e v’è chi speri
da le menzogne sue pace ed aita?
e lascierai, non ben a pena intesa,
precipitar la sconsigliata impresa?

16Io, quanto a me, per quel già biondo pelo
che in tuo servigio indi si fe’ canuto,
e per quel vivo e riverente zelo
onde già ti sacrai l’alma in tributo,
che t’ingombra la mente oscuro velo
oggi ti sono a dimostrar venuto,
e ch’altri or volga a tal periglio il piede
ragion non vuol, necessità non chiede.

17Diec’anni Troia o non molesta o lieve
sentì la guerra e la portò costante,
e a sostenerla il picciol corso e breve
di pochi dì tu non sarai bastante?
Buon capitano assuefar si deve
non solo a gir superbo e trionfante
de’ suoi trofei, ma il troppo lungo tedio
anche a soffrir d’un ostinato assedio.

18Verrà, non andrà molto, e i già promessi
aiuti il Persian fia che ne porte:
dunque aspettiamolo, e intanto omai si cessi
oggi da noi di più tentar la sorte.
Sol da le stelle in guiderdon concessi
son lieti eventi al valoroso e forte,
e tal Pirro non è, Pirro che incerto
ebbe il natale, e co ’l natale il merto.

19Udite, o cittadini, io pentimento
d’error sì folle a tutti voi protesto,
girmi serpendo intorno al cor già sento
non ben compreso, un non so che di mesto.
Non valor, non pietà, non ardimento,
ma frode, insidia e precipizio è questo;
il veggio, il veggio, e ’l mio pensier non erra,
ecco noi presi, ecco Antiochia a terra -.

20Così dic’egli, e ’l re si cangia e quasi
vien che di fellonia Pirro condanni.
Si cangian gli altri anch’essi, e persuasi
son a creder in lui frodi ed inganni,
ma portentosi inaspettati casi
recano a noi sì repentini affanni
che siamo ancor novellamente astretti
a lodar l’opra et a bramar gli affetti.

21Era ne la stagion che più cocenti
ardono l’ore e ’l dì più lungo appare,
e pigri gian gli estivi soli e lenti
per breve spazio a riposar nel mare,
quand’ecco impetuosi orridi venti
a le paci del ciel lucide e chiare
rompon la fede, e procellose e meste
seco portano a vol nubi e tempeste.

22Pria cieca divenir l’aria si vede,
se non sol quanto i lampi suoi raddoppia;
con rauca voce e con sonoro piede
mormora poscia, e a i lampi il tuon s’accoppia.
A i tuoni al fine un fulmine succede
che ’l mondo assorda orribilmente e scoppia
e tutto lascia a un punto sol la corte
seminata d’orror, sparsa di morte.

23Ma poiché cede alquanto e si dissolve
il denso fumo ond’era ogn’occhio offeso,
fredda cenere fatto e poca polve
Solon si mira, e ciascun altro illeso.
Al gran successo ogni un di noi si volve,
fra stupor e dolor dubbio e sospeso,
e a spettacol sì fiero e sì mortale
or la temenza or la pietà prevale.

24Ma pur vince la tema, e ’l re primiero
vien che d’un tal terror l’animo imprima
che castigo giustissimo e severo
ciò che fu a l’or puro accidente estima:
– Dritt’è (dic’ei) che se l’altrui pensiero
costui dannò, morte fatal l’opprima,
chi gli s’oppon con temerario zelo,
mirate, o fidi miei, fulmina il Cielo -.

25Move ciò detto a trovar Pirro e seco
tutta si move a i moti suoi la gente,
e fatta già di mille voci un’eco,
– Pirro, Pirro – sonar l’aria si sente.
Fallace uman pensiero, ahi come cieco
ne’ tuoi vani giudici erri sovente,
e fingendoti al cor gioie e diletti
ami il tuo peggio, i danni tuoi t’affretti!

26Giunto là dove il mentitore insano
le sue frodi tessea tacito e solo,
prieghi a prieghi accoppiando il buon Cassano
giunge sproni al suo corso, ali al suo volo,
ond’ecco il menzogner s’arma la mano
e seco s’arma ancor tutto il suo stuolo,
e sol che d’atre e tenebrose bende
si cinga il ciel, pria ch’egli parta, attende.

Pirro conduce i sortiti in un’imboscata e conduce in città trenta crociati con gli abiti dei Persiani morti

27Ma poiché già l’umida notte oscura
a i publici riposi il mondo chiama,
l’accompagna ciascun fuor de le mura,
tanto da tutti il proprio mal si brama,
e mentre il re l’accerta e l’assicura
di giusto premio e di futura fama,
ei gli s’inchina, e frettoloso ad arte
i trenta eletti suoi guida e si parte.

28Or odi tradimento, e da quest’una
tutte de i cristian l’opere impara.
Pirro, cui quella fé che ne la cuna
già co ’l latte succhiò, sempre fu cara,
e che solo attendea guisa opportuna
di farne al campo aperta mostra e chiara,
opra stimò religiosa e pia
la contesa città dargli in balia.

29Quinci nel sen di cupo bosco ombroso,
quasi ch’odi la luce alma sì rea,
a macel dispietato e sanguinoso
gl’ingannati guerrier l’empio traea,
e ch’ivi stesse Boemondo ascoso
co’ duci suoi già stabilito avea,
quando col mezzo d’un suo fido messo
la gran congiura ei concertò con esso.

30Tal anitra loquace e lusinghiera,
in picciol lago a cotal fin nodrita,
d’altri simili a lei volante schiera
rauca stridendo a le fresch’onde invita,
indi là dove è la mortal pantera
a i danni lor dal pescatore ordita
con tal arte le guida e le delude
ch’entrano tutte e sol se stessa esclude,

31al picciol suon d’un patteggiato segno
impetuosi i cristiani usciro,
e senz’ordine alcun, senza ritegno
il tradito drappel cinsero in giro,
e in van se stessi incontra il fiero sdegno
con l’armi ignude i valorosi uniro,
che l’improviso e subito furore
tolse l’uso a la man, l’animo al core.

32Né molto andò che fra tenaci nodi
altri di loro ivi restaro avvinti,
altri feriti, altri in più feri modi,
laceri e tronchi, altri del tutto estinti.
Seguendo a l’or l’incominciate frodi
vestiro i vincitor l’arme de’ vinti,
e cangiati con essi elmi e destrieri
d’altre spoglie s’ornàr, d’altri cimieri.

33Poi, per finger che i nostri avean pugnando
fatte de i duci lor stragi funeste,
fèr d’intorno gettar publico bando
ch’ogni un veloce al dipartir s’appreste.
A pena udito il marzial comando,
lasciàr l’assedio ubbidienti e preste,
e su ’l nascer del dì l’averse schiere
altrove trasportàr tende e bandiere.

34Siede nel mar di Siria un’isoletta,
congiunta sol da l’un de’ lati al lido,
che dal suo breve giro Antiochetta
chiamata vien, notissima di grido,
già ricca d’or mentr’era a i re soggetta,
or picciol porto et a le navi infido,
se non sol quanto han pur sicuri e lieti
in lei ricovro i pescarecci abeti.

35Qui ritrovàr ne la deserta arena
sicuro a i propri aguati abil soggiorno.
Ma in braccio a l’alba pallida e serena
tenero ancor già rigermoglia il giorno,
né più, qual pria, de l’armi lor ripiena
mirando noi la gran campagna intorno,
folli pensiam che le nemiche genti
date, partendo, abbian le vele a i venti.

36E quel che men incerto e più costante
rende il pensiero, e fé n’aggiunge a fede,
è che, cadente il dì, tutta festante
la squadriglia tornar da noi si vede.
Superbo in atto e lieto nel sembiante
su l’usato destrier Pirro precede,
e, sol fra loro, a publiche ruine
nuda ha la fronte e disarmato il crine.

37Portano gli altri le visiere al volto,
e ne i lucidi elmetti il capo han chiuso,
e, perché meglio il popol cieco e stolto
da l’apparenze lor resti deluso,
porta ogni un con la destra un lungo e folto
ramo d’allor, qual de’ trionfi è l’uso,
e in bruno vel fa dal sinistro lato
pendersi poscia da l’arcion teschio celato.

38Penetra intanto, e si dilunga in corte
che Pirro omai co’ suoi guerrier s’appressa,
e che sciolto è l’assedio e che la sorte
n’ha la vittoria a le sue man concessa.
Ne brilla il vecchio re, s’apron le porte,
si gettan l’armi e tutta già se stessa
move Antiochia, et a le mura intorno
gode ciascun del trionfal ritorno.

39Pendenti ancor da le natie mammelle
portan le madri i pargoletti infanti,
v’accorre anch’egli il freddo vulgo imbelle
de’ vecchierelli pallidi e tremanti,
e a stuolo a stuol le tenere donzelle
saltellando se ’n van liete e festanti,
né v’è pur un che non accolga al petto
un diluvio di gioia e di diletto.

Una pazza predice la caduta della città, è schernita da tutti

40Ma il Ciel, quel Ciel cui de’ più vasti regni
farsi custode e difensor fu dato,
e cui quanto qua giù gli umani ingegni
chimerizzando van tutto è svelato,
del nostro mal pur ne dà novi segni,
e pur di novo egli ne vien beffato,
e mentre ne consiglia e ne difende
o si sprezza o non s’ode o non s’intende.

41Donna fra noi ne la città vivea,
bella sì ben, ma forsennata e stolta,
che sprezzati i legami uscir solea
spesso dal chiuso ostel libera e sciolta,
e seco a schermo suo turba traea
di bambinei beffeggiatrice e folta,
che facendo talor gian per le vie
giocosi applausi a le di lei follie.

42Sparia il crin, rotta i panni e nuda il piede,
appeso al fianco un timpano percote,
picciola canna, ond’altri or punge or fiede
con l’indiscreta man fulmina e scote.
Sconcia è ne gli atti, e qual palleo si vede
girar se stessa in tortuose rote,
e manto al tergo ha di color diversi,
verdi, gialli, vermigli, azzurri e persi.

43A gl’improvisi e rapidi furori
ond’ha più volte de l’usato ebra la mente,
colmando il dubbio cor d’alti stupori
tutta si ferma attonita la gente,
ed ella al preveder de’ nostri errori
come a punto de’ pazzi uso è sovente,
sia caso, sia natura o sia destino,
agita nel pensier spirto indovino,

44e corre intorno impetuosa e grida
– A l’armi, a l’armi, o cittadini, a l’armi:
giungono i cristian, Pirro gli guida;
ahi patria, ahi lassa, ove poss’io celarmi?
Già parmi già che ’l traditor n’uccida,
n’uccide sì; non parmi no, non parmi,
ma chiaro il veggio, e insidiosi e felli
miro i lupi vestir manto d’agnelli.

45Oh che gran monti al ciel d’uomini estinti,
oh come il sangue in vasti luoghi ondeggia!
Crollan gli alti palagi a terra spinti
e diroccata omai cade la reggia.
Van trionfando i vincitor su i vinti,
e chi fère, chi brugia e chi saccheggia,
Oh di tradito re casi infelici,
su su, chiudiam le porte, ecco i nemici -.

46Sì disse, e ’l cieco vulgo, a cui soviene
qual fesse di Solon strage e vendetta
poc’anzi il Cielo, e che le giuste pene
teme per ciò d’una fatal saetta,
tenacissime funi, aspre catene,
al collo, al piede et a le man le getta,
e mentre la percote e la delude
in più stretta prigion quindi la chiude.

47Ma noi, noi sol fummo gli stolti, ed ella
nel fin de l’opra ebbe di saggia il vanto.
Pirro, per più celar frode sì fella,Pirro sfila in trionfo acclamato da tutti, l’esercito cristiano pare aver ha levato le tende
nel suo lento camin tarda cotanto
ch’a fiammeggiar così di qualche stella
comincia in ciel già de la notte il manto,
e sotto i rai de l’ancor dubbia luce
se stesso e i suoi ne la città conduce.

48Festivi gridi al glorioso arrivo
e lieti canti ognun di noi discioglie,
e il re, l’istesso re, tutto giolivo,
ne la piazza maggior pronto l’accoglie,
ed egli: – Eccoti salvo, eccomi vivo,
eccoti i miei trionfi, ecco le spoglie,
né spoglie no son mercenarie e vili,
d’oro, di gemme o di bandiere ostili,

49ma i teschi sol, già sì temuti ognora,
de i cristiani principi son questi.
Te li promisi e te li reco ancora,
io n’ho l’onor se tu il desio n’avesti.
In guisa tal vèr chi Macone adora
più non saran con le lor armi infesti,
ma senza i duci suoi turba fugace
partirà quindi e starà l’Asia in pace.

50Viviti pur dunque sicuro e godi
sempre tranquilli i tuoi felici imperi,
e lascia omai che in più soavi modi
riposo io doni a i lassi miei guerrieri -.
Risponde: – È giusto -, e lodi aggiunge a lodi,
e gli promette immensi premi alteri,
né gli è già mai di raddoppiar satollo
baci a la fronte e abbracciamenti al collo.

51Con questi applausi il perfido si parte
col suo drappel vèr la natia magione.
Il sieguon altri, ed egli il vieta ad arte,
che solo entrar co’ suoi campion dispone.
Festeggia il popol tutto, e in ogni parte
in laute cene a convivar si pone,
et in vece di targhe e di corazze
tratta con lieta man calici e tazze.

A notte il traditore apre le porte e i cristiani fanno strage: Boemondo irrompe nella reggia e uccide Cassano, mentre Tancredi assicura Erminia

52Ma in oblio placidissimo e soave
ne la più muta notte ognun si giace,
e già l’armata ostil carica e grave
d’immense schiere a noi ritorna audace.
Già già s’appresta, e in su la regia nave
dà il patteggiato segno ardente face,
e Pirro a pena in su la vetta il vede
che tragge fuor del proprio albergo il piede.

53Per gli amici silenzi onde la luna
rende pallido il ciel, gelido il mondo,
escon con esso a l’aria oscura e bruna
Ugon, Guelfo, Goffredo e Boemondo.
V’è Tancredi fra lor, cui la fortuna
diè sì gran pregi, ed evvi il fier Raimondo,
e congiurati ad involarmi il trono
i cristiani eroi tutti vi sono.

54Assaltan questi la città tradita
mentr’è nel sonno e più nel vin sepolta.
Ecco s’apre una porta, ecco la vita,
benché veglianti, a i suoi custodi è tolta.
Ecco dentro i muri tacita e spedita
dai capitan suoi l’oste è raccolta,
e con sanguigno piè scorre per tutto
strage, terror, confusione e lutto.

55Era il tempo ch’a i lassi egri mortali
de la prima quiete il dolce oblio
fugando gia co ’l ventillar de l’ali
ogni pensier caliginoso e rio,
quando tragico stuol d’ombre fatali
in varie forme a gli occhi miei s’offrio,
da cui tosto mi fur lacere e rotte
le gran paci del sonno e de la notte.

56Tutto sordido il crin, squallido il viso,
fra gl’altri in sogno un mio german m’apparse,
un mio german che crudelmente ucciso
già in pro commune il sangue suo qui sparse.
Pianse angoscioso e, nella polve intriso,
d’alta vergogna egli si tinse ed arse,
quanto vario da quel ch’esser solea
d’ogni beltà, d’ogni valor l’idea!

57Dolente anch’io con lagrimoso ciglio
dirgli a l’or mi parea: – Qual ti conduce
qui dopo morte ancor novo consiglio,
o del nome pagan splendore e luce?
Forse vieni a predir danno e periglio
a me tua suora e a mio gran rege e duce?
chi sì mal t’ha guidato? e quai son queste
che ti s’aprono in sen piaghe funeste? -.

58Fin dal centro del cor trasse un sospiro,
e sì mi disse al fin l’ombra gentile:
– Fuggi, ah fuggi o reina: il vasto giro
tien d’Antiochia immensa turba ostile,
già cade la città. Piango e sospiro,
fatto il tuo regno indegna preda e vile.
Molto a la patria et a Cassan fu dato,
né più val cor invitto o braccio armato -.

59Di vario duol già già ciascun si mesce
e fassi ognor vie men dubbio il grido.
Mi desto intanto, e dove al ciel più cresce
l’eccelsa reggia, ivi col piè m’affido.
Intanto ascolto e sempre il suon s’accresce
qual d’onda suol che si rifletta al lido,
e chiarissimo omai vien che rimbombe
co’ nitriti confuso il suon di trombe.

60A risvegliar il mio real consorte
tosto io me ’n corro, e seco questa insieme
ch’amata figlia il Ciel mi diede in sorte,
del mio perduto regno unica speme.
Ed ecco tutta al fin s’arma la corte,
e stride intorno ogni buon servo e geme,
né già molto ha da noi lunge il suo piede
del nostro scettro il giovinetto erede.

61E, volgendosi al re, mesto e dolente
gridando va: – L’ultimo giorno è giunto
a te stesso, al tuo regno, a la tua gente:
questo è di morte inevitabil punto.
Fummo già regi, regi, e fu possente
già questo trono, al Persian congiunto,
ahi, ma cangiato ha la fortuna il volto
e nemico destin tutto n’ha tolto.

62Con empia man per la città se ’n vanno
trionfatori i cristian guerrieri.
Svelto da lor cade ogni muro et hanno
già sbarrate le vie, chiusi i sentieri.
Vantasi Pirro de l’ordito inganno
con modi ferocissimi ed alteri,
e a questa piazza intorno e a questa reggia
più d’uno stuolo orribilmente ondeggia -.

63Così dicendo in vèr l’eccelse cime
del gran palagio intrepido si volve,
e ne le parti più profonde et ime
l’aurate travi a i danni lor travolve.
Arme et armati il vasto peso opprime,
et acciecano il ciel globi di polve,
ma benché il campo ostil sotto vi gema,
non è però che men la porta ei prema.

64Tutto grondante di sudore il crine
a nova offesa a l’or ratto ricorre,
e là dove si vede alte ruine
minacciar, vacillando, antica torre,
co’ suoi più fidi ivi il buon figlio al fine
con intrepido cor move e se ’n corre,
et ad urtarla in guisa tale ei prende
che la scote, la svelle e la scoscende.

65Cad’ella, e nel cader seco si tira
mista ad orrido suon strage funesta;
né qui se stessa già l’oste ritira,
a sì dura di sassi aspra tempesta,
ma, vie più sempre ira giungendo ad ira,
a nostro danno ogni suo sforzo appresta.
Sta Pirro avanti e in su l’entrata istessa
già più d’ogni altro il traditor s’appressa.

66E con dura bipenne i grossi abeti
de i ripari di lei spezza e recide,
sì ch’ella scopre i cupi suoi secreti
et in più parti omai s’apre e divide.
Entrano a l’or vittoriosi e lieti
i cristian, cui la fortuna arride,
e, mentre il tutto al fin s’empie di doglia,
noi, piangendo, affigiam baci alla soglia.

67Primier ne la mia reggia a por le piante
fu tra mille nemici il buon Tancredi:
a lui prostrata e genuflessa avante
questa fanciulla a l’or pianse a’ suoi piedi.
Piegossi ufficioso il trionfante
e ben cento le fé grazie e mercedi,
e del suo regio e virginale onore
scudo insieme giurossi e difensore.

68Ma ecco, ecco con l’oste a noi nemica
Boemondo se ’n vien, quel Boemondo
di cui quaggiù, forza egl’è pur ch’il dica,
non ha più forte e chiaro duce il mondo.
Poco o nulla resiste elmo e lorica
de l’ire sue, de’ suoi gran colpi al pondo,
e ’l mio Cassan ben con suo danno il prova,
che dal suo fulminar schermo non trova.

69Ei co ’l suo brando in su la fronte il fère
grave così che già ne versa il sangue.
S’oppone il figlio a le nemiche schiere,
per dar soccorso al genitor che langue,
ma in vano il tenta: egli già cade e père,
fatto gelido tronco e corpo esangue,
e tutto lordo il crin, lacero il seno,
perde il sol, lascia il ciel, preme il terreno.

70Qual mi restassi a l’or che agonizzante
il mio signor vid’io fra turba ostile
dical quell’infelice alma regnante
ch’a fortuna se ’n va bassa e servile.
Me ’l vidi, ahi lassa, esanimato avante
con mille piaghe in dispietato stile,
e col mio pianto a le di lui ferute
indarno procacciai scampo e salute.

71Né ciò bastò, ché in modi iniqui e rei
in quel conflitto orribile e spietato
smarrito il caro figlio anche perdei,
non so ben in che guisa od in che lato.
Questi de i cristian furo i trofei,
questo de la città l’ultimo stato.
Così giace Antiochia, e così quella
ch’era dominatrice è fatta ancella»,

72disse, e se stessa in miserabil pianto
l’istorica gentil tutta disciolse.
Si riaccese il re de’ Persi intantoI capitani, distratti a guardare Erminia, non hanno ascoltato il resoconto della regina; Corbano si sdegna delle gesta cristiane
e novo sdegno entro il suo cor raccolse.
Su ’l proprio scettro suo, su ’l proprio manto
giurò vendetta, e se n’afflisse e dolse.
Ma i suoi campion ad altro oggetto intenti
per Erminia sentìr pene e tormenti.

73Vagheggiata costor l’alta donzella,
e posposto a la vista avean l’udito,
e così la miràr vezzosa e bella
che più d’un ne restò morto e ferito.
Volgon vèr lei fisso lo sguardo, ed ella
alcun non prezza, alcun non l’è gradito,
ché vecchio affetto il cor le ingombra, e loco
non dona antica fiamma a novo foco.

74L’un de l’altro rival, taciti prieghi
le porgono co i cenni e co i sospiri,
né però vien che ’l puro cor si pieghi
a gli amorosi lor caldi desiri,
anzi par che vie più sempre dinieghi
benché gli occhi vèr lor spesso raggiri,
e tale a punto ell’è qual esser suole
publico a tutti e non d’alcuno il sole.

75Ma Corban gli accommiata e, la reina
stretta più volte e la fanciulla al petto,
una delle sue tende a lei destina,
a le sventure sue fido ricetto.
Part’ella, e nel partir già s’avvicina
dove in lor uso è il padiglione eretto,
ed ei con l’alma a vendicarsi accesa
si riconduce a l’anelata impresa.