Tommaso Stigliani
Tommaso Stigliani nasce a Matera nel 1573 da una famiglia poverissima: il padre Giandomenico era operaio in una fabbrica di salnitro e nulla è dato sapere della madre, così come non abbiamo nessuna notizia certa della sua prima giovinezza e formazione. Intorno ai vent’anni Stigliani si trasferisce a Napoli per studiare medicina sotto la guida di Latino Tancredi di Camerata, ma alla carriera medica preferisce sempre l’ambiente letterario e cosmopolita offerto dalla corte di Matteo di Capua, principe di Conca. Qui avrà infatti modo di conoscere Tasso, ospite del principe nel 1592, e Marino, suo segretario dal 1596, ai quali, nel bene e nel male, resterà sempre letterariamente legato.
Alla fine del 1598 è a Roma, sotto il pontificato di Clemente VIII. Durante il suo soggiorno romano ebbe modo di conoscere Alessandro de’ Medici (poi divenuto Papa Leone XI), Odoardo Farnese e suo nipote Ranuccio, in occasione delle nozze di quest’ultimo con Margherita Aldobrandini.
La prima composizione a noi nota di Stigliani è il sonetto Orologio da polvere, che il letterato Gherardo Borgogni aveva fatto pubblicare in una raccolta miscellanea del 1598 intitolata La fonte del diporto. Nel 1600 troviamo il materano nella Milano borromea, dove fa stampare da Pacifico Ponzio il poemetto pastorale il Polifemo, dedicato al mecenate Ferrante II Gonzaga. A Giovan Battista Ciotti si deve la pubblicazione della prima edizione delle Rime, sempre nel 1601, dedicate al cardinale Cinzio Aldobrandini.
Dopo aver trascorso un breve periodo a Torino alla corte di Carlo Emanuele I di Savoia, nel 1603 diventa segretario di Ranuccio I Farnese. Fu proprio il duca ad appoggiare l’Accademia degli Innominati fondata nel 1574 da Eugenio Visdomini e Giulio Smagliati, che raccolse attorno a sé le menti più prolifichedel periodo e di cui Stigliani fu fatto Principe nel 1606. Nel 1605 ordina le sue composizioni giovanili nel Canzoniero, commissionato al solito Ciotti; l’opera finisce però all’Indice appena terminata la stampa per alcuni indovinelli licenziosi del IV libro. Secondo l’autore la sospensione erastata spinta da Enrico Caterino Davila, suo acerrimo nemico da cui fu anche ferito in duello. Appena guarito, Stigliani si rifugia a Napoli, forse perché Ranuccio era ormai stufo dei fastidi che il materano continuava a procurargli; tuttavia, grazie all’intercessione del cardinale Cinzio Aldobrandini, l’esilio dura poco e presto il poeta può tornare alla corte dei Farnese. Nel 1610 è investito del titolo di «cavaliere di Malta» dell’Ordine Gerosolimitano.
Alla corte di Ranuccio, Stigliani mette a punto i primi venti canti del suo poema epico Il Mondo nuovo; l’opera esce a Piacenza nel 1617 per i torchi di Alessandro Bazachi ed è dedicata al principe Farnese. Proprio in concomitanza con l’uscita del Mondo Nuovo sembrano incrinarsi i rapporti con Marino, che erano stati buoni fino a quel momento, a causa delle famose ottave del «pesciuomo». Il poema verrà poi ristampato completo nel 1628 a Roma, da Giacomo Mascardi.
Nel 1621, dopo diciotto anni al servizio dei duca di Parma, Stigliani si trasferisce a Roma; con la sua partenza, l’Accademia degli Innominati si scioglie. A Roma il poeta arriva lo stesso anno, e forse lo stesso mese (febbraio 1621), in cui diventava papa Alessandro Ludovisi con il nome di Gregorio XV. A lui e a suo nipote, il cardinal padrone Ludovico Ludovisi, Stigliani non mancherà di tessere elogi e tributare onori. All’ambiente papale il materano rimarrà indiscutibilmente legato soprattutto conla salita al soglio pontificio di Maffeo Barberini, il 6 agosto 1623. Quella di Urbano VIII è una corte intrisa di antimarinismo e Stigliani frequenta letterati molto vicini al Papa come Francesco Bracciolini e Ferrante Carli. Tra il 1623 e il 1624 Virginio Cesarini lo vuole come suo segretario e sarà lui ad affidare a Stigliani la stampa del Saggiatore di Galileo, delicata operazione editoriale dalla quale traspariranno le manie diprotagonismo del materano.
A Roma Stigliani frequenta l’Accademia degli Ordinati del cardinal Giambattista Dati e quella del cardinale Carlo Emanuele Pio di Savoia, oltre alle riunioni che Cesarini organizzava a casa sua con Ciampoli, Mascardi, Testi, John Barclay e Giulio Strozzi. Grazie alla raccomandazione di Maffeo Barberini, il materano è al servizio del Cardinale Scipione Borghese a cui dedica la nuova edizione purgata del Canzoniero, pubblicata a Roma nel 1623.
Con l’improvvisa morte del Cesarini, avvenuta nell’aprile 1624, Stigliani si ritrova in una disastrosa situazione economica venendogli a mancare la rendita versatagli dall’amico: Borghese non lo ha mai pagato e le entrate di Matera non sono sufficienti per «spesar tre bocche». Oltretutto, nel 1627 i suoi nemici aumentano in maniera esponenziale poiché, con la pubblicazione dell’Occhiale contro l’Adone mariniano, riesce a calamitarsi l’ira dei marinisti più accaniti che non gli perdoneranno mai di aver dato alla luce quest’opera polemica dopo la morte del napoletano. Le necessità economiche lo portano al servizio di Pompeo Colonna, principe di Gallicano, e con il suo signore si trova a Napoli nel 1631.
Nel 1635 Stigliani ha intenzione di tornare a Matera, ma solo due anni dopo, durante un’assenza del Colonna, riuscirà in tale intento, in maniera definitiva come aveva progettato. A Matera si dà subito da fare e istituisce un’Accademia di lettere che ha però vita breve. Erano le stesse autorità cittadine a sollecitarlo a trasferirsi a Matera e per convincerlo gli avevano tributato cinquanta tomoli di grano all’anno e quindici ducati per l’affitto.
Mentre Stigliani dava alle stampe una sua traduzione della Tiriaca di Andromaco il Vecchio, Pompeo Colonna veniva arrestato e rinchiuso nelcastello di Sant’Elmo a Napoli per aver fatto costruire un castello in territorio aquilano, al confine con lo Stato pontificio. Tommaso resta a servire la moglie del suo signore, Francesca d’Innigo d’Avalos, marchesa del Vasto. Intanto la situazione economica subisce un nuovo colpo quando Matera, nel dilagare dei moti di Masaniello, gli toglie i privilegi promessigli così che può far altro che chiedere aiuto a Colonna. Nel 1649 finalmente Colonna viene liberato e Stigliani recupera la tranquillità che tanto gli era mancata. A lui lascia, poco prima di morire, le sue opere inedite perché il principe ne potesse procurare le stampe. Ma non sarà Colonna a chiudere gli occhi al poeta, bensì il duca di Bracciano Giannantonio Orsini, presso cui lo Stigliani si trovava occasionalmente ospite nel 1651.
Bibliografia
- C. Aloè, L’istoria illustre del trovator del Mondo nuovo. Ricerche sul poema epicocavalleresco di Tommaso Stigliani, tesi magistrale discussa a Milano, Università Cattolica del Sacro Cuore, A.A. 2009, pp. 2-16.