L’Aspromonte
di Giovan Mario Verdizzotti
I due canti giuntici dell’Aspromonte, stampati in due diverse tranche (il canto I a Venezia, per Giolito, nel 1591 il canto II sempre a Venezia, ma presso Guerra, tre anni più tardi, nel 1594), si collocano in maniera ambigua nel contesto del poema cinquecentesco: non si ha traccia, nel frammento, del dichiarato ariostismo di cui Verdizzotti si fregia, mentre sono evidenti gli imprestiti con la tradizione eroica, a partire da Tasso e Cataneo. Il poema fu cominciato, a detta dell’autore, nel 1559: fosse vero (ma il dato non si può confermare), sarebbe un antecedente importante per il Gierusalemme e per la Liberata stessa, in ragione delle consonanze a dir poco vistose, ma non è da escludere che si tratti di un tentativo – quasi un falso, verrebbe da dire – di ritagliarsi a posteriori uno spazio nelle storie della letteratura. Di certo c’è la difficoltà, comune per l’epoca, a districarsi tra i due fronti in gioco: così all’unitarietà della fabula si associa così uno stile “lucido” di chiara impronta ariostesca che raggiunge però esiti di realismo e grigiore.
Nelle poche ottave sopravvissute si trova dapprima una presentazione, che ricorda da vicino modalità costitutive dell’Amor di Marfisa, del quadro bellico, quindi la comparsa di Orlando, fino a lì estraneo al conflitto ma indotto da una visione notturna a prendervi parte. Sopravvivono insomma tutte le prerogative di un Cinquecento ancora non tassiano: l’assenza programmatica dell’amore (ma è purtroppo impossibile da verificare lungo l’arco del testo) a vantaggio della guerra ricorda l’avversione di Trissino, Alamanni e poi di Cataneo, mentre come nel poema del vicentino l’intervento ai fatti in corso viene determinato da una visione angelica.
Bibliografia
- G. Baldassarri, Introduzione, in T. Tasso, Gierusalemme, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2013, pp. 8-12.
Opera e sinossi
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- Proemio (1–11). Almonte e Troiano, volendo vendicare il padre Troiano ucciso da Carlo, hanno intrapreso una campagna in Italia e messo a ferro e fuoco la Calabria oltre ad aver aperto vari fronti per l’Europa (12–29). Carlo dopo una rotta campale riduce le sue truppe sul castello d’Aspromonte e prende misure cautelari e dissimula ottimismo sulle sorti della guerra (30–41). Carlo Magno prega Dio perché aiuti i cristiani (42–48). Dio accoglie le preghiere di Carlo (49–58). Invia Michele ad Orlando perché lo stimoli a grandi imprese (59–63,4). Michele scende in terra (63,5–76,2). Raggiunge il padiglione dove giace Orlando: descrizione del paladino (76,3–86). Si presenta al campione in sogno nelle vesti del padre Milone e lo sprona a intervenire nella guerra (87–93,4). Orlando decide di partire per la guerra (93,5–109).
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- Michele scende all’Inferno, dove trova la Vendetta e la colloca a fianco di Orlando (1–12). Orlando si reca nell’armeria reale e ammira i dipinti della storia dei re cristiani (13–22,4). Cerca un’arma ma non trovandone di adatte alla sua stazza decide conquistare quella dell’assassino di suo padre (22,5–31). Gualtiero di Monlione porta dispacci dal fronte: Carlo annuncia la morte di Milone e chiede rinforzi (32–42). Orlando apprende la notizia, consola la madre e giura di vendicarsi sull’uccisore del padre (43–55,4). Aizzato da Amone, Orlando decide di partire, va cerca il cugino Rinaldo ma non lo trova e per strada incontra la madre, che lo supplica di non partire (55,5–71,4). Orlando si impietosisce, ma conferma la propria volontà di partire (71,5–87). La madre cerca di trattenerlo (88–100). Gualtiero racconta a Orlando la morte di Milone (101–129).